I vescovi: non chiedeteci voti
/ vescovi: non chiedeteci voti / vescovi: non chiedeteci voti C'è.poi la disoccupazione: nel solo capoluogo, che non arriva a 60 mila abitanti, superano le 8 mila unità gli iscritti nelle liste di collocamento. «La partitocrazia è un male ed è malata» scrivono i sacerdoti agrigentini che aggiungono «si inventano' alla giornata alleanze corte per risolvere o compromettersi in soluzioni provvisorie. Se la politica ha nella società un ruolo architettonico, pare si vada avanti per rattoppi». La lettera è stata affidata ai singoli parroci che sono stati lasciati liberi di inviarla c meno ai candidati appena saranno formate le liste per le consultazioni del 6 e 7 maggio. «Si è parlato di eterogenesi dei fini — hanno anche scritto i sacerdoti — che non devono applicarsi ai partiti che, nati per servire la gente, non finiscano per sopravvivere al fine di gestire la spartizione del potere». Un quesito infine posto ai candidati: «Vi chiediamo se di fronte alla vostra coscienza avete chiari i motivi che guideranno o sosterranno il vostro impegno». [a. r.] quella di governo» conclude Forlani. Il fatto è che, tra i cinque partiti della maggioranza, nessuno sembra voler assumere come sue le responsabilità del governo che appoggia e tutti fanno a gara a prenderne le distanze. I socialisti parlano di «quadro desolante» e di «situazione insostenibile». I liberali temono che a questo punto un vertice serva .solo a «prendere atto di fattori di crisi già esplosi in Parlamento». I repubblicani minacciano la crisi se non viene approvata la legge per l'emittenza tv così come è. E i socialdemocratici annunciano, dal loro congresso di Milano, che per loro non sarà un problema provocare la crisi se Andreotti dovesse ancora procastinare il vertice che vanno chiedendo da imposte perché il trattamento tributario dovrà essere, se non identico, quanto meno omogeneo in tutti gli Stati membri della Comunità. I mali del nostro sistema tributario sono ben noti: a) una legislazione farraginosa che prevede un esuberante numero di imposte e tasse; b) una pessima organizzazione amministrativa, con dipendenti male impiegati e territorialmente peggio distribuiti (la maggiore densità impiegatizia si riscontra nel Centro-Sud dove è di gran lunga minore il volume di affari fiscali); c) un contenzioso tributario paradossalmente articolato in 4 gradi di giudizio, con giudici a «part time» e non professionali; d) un contenzioso penale troppo esteso, assolutamente non assorbibile dalle attuali strutture giudiziarie ed inoltre quasi sempre inutile sotto il profilo tributario (cioè di recupero delle imposte). La riforma dovrebbe dunque ispirarsi a criteri opposti e marcatamente pragmatici: pochi e ben distinti tributi; specializzazione del personale finanziario e sburocratizzazione dei suoi compiti; riduzione del contenzioso tributario a due gradi di giudizio, con l'impiego di giudici professionali a tempo pieno; restringimento dell'area dell'intervento penale, con l'espressa previsione della facoltà da patteggiare anche sull'am- ncitori saranno pagati
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