Incerti i finanziamenti per costruire l'Efa (futuro caccia europeo)

Incerti i finanziamenti per costruire l'Efa (futuro caccia europeo) Secondo il «Washington Times» Incerti i finanziamenti per costruire l'Efa (futuro caccia europeo) L'Efa, il futuro caccia europeo, è in forse? Le voci, da quando i mutamenti politici ad Est hanno allentato la tensione tra Nato e Patto di Varsavia, si sono fatte ricorrenti e sempre più insistenti. Un giornale americano, il Washington Times, considerato molto vicino al Pentagono, ha scritto ieri che il «caccia europeo potrebbe non decollare mai». Ed ha citato, a sostegno della sua tesi, le incertezze (già note) di alcuni ambienti politici tedeschi, e quelle (per la verità finora mai emerse) che esisterebbero da parte italiana. In Germania il Comitato per il bilancio de) Bundestag, cui spetta deliberare gli ulteriori finanziamenti del programma, ha chiesto al ministro della Difesa Stoltenberg di calcolare quanto verrebbe a costare a Bonn, in termini di penali da versare ai partner Italia, Gran Bretagna e Spagna, l'uscita dal programma. Le pressioni antiEfa sono particolarmente forti da parte dei liberali. Sulla Germania grava il 33% del costo del programma (che dovrebbe aggirarsi sui 60 mila miliardi di lire) così come sulla Gran Bretagna; la quota in caso di abbandono dovrebbe essere ripartita tra gli altri tre partner. Londra sostiene che l'Efa si può fare anche senza Bonn. Per l'Italia, che ha una quota del 21%, il giornale americano cita una dichiarazione del capo di stato maggiore dell'Aeronautica, generale Franco Pisano, secondo cui senza un ulteriore stanziamento del Parlamento pari a 384 milioni di dollari non sarà possibile andare avanti con il programma. In realtà, da parte italiana, tra le forze politiche non vi è stato fino a questo momento un pronuciamento contro l'Efa. Negli ambienti dell'Aeronauti¬ ca mihtare, che dovrebbe ricevere 180 velivoli a partire dal '96, non ci si è mai nascosti i problemi finanziari che il programma comporta e la difficoltà di reperire i fondi; ma davanti alla prospettiva di un abbandono del programma si sottolinea che ciò significherebbe «cancellare di fatto l'industria aeronautica europea», con tutto ciò che essa rappresenta in fatto di ricerca avanzata, di potenzialità industriale e di posti di lavoro. D'altra parte, si dice sempre in ambienti dell'Ami, se non si fa l'Efa bisognerà andare a comprare all'estero altri aerei con cui sostituire al massimo tra 5-6 anni i vecchi F-104. «La spesa - si fa osservare - sarebbe la stessa ma senza nessun ritorno per le aziende italiane». La posizione dell'industria è ovvia. «L'Italia e l'industria italiana considerano il programma Efa un obbligo», sostiene l'ing. Fausto Cereti, amministratore delegato dell'Aeritalia, la società che, insieme con la Fiat Aviazione, ha un ruolo principale nel programma. Quali sarebbero le alternative all'Efa? Ci sarebbe il francese Rafale, che Parigi appare decisa a costruire, ma ci sono soprattutto i caccia americani F16, F-15 e F-18. Non è un mistero che l'industria americana, con l'appoggio del governo, fino a due anni fa ha fatto di tutto per impedire la costruzione sia dell'Efa sia del Rafale proponendo agli alleati europei i propri velivoli; un fallimento dell'intesa a quattro riaprirebbe ora favorevoli prospettive al «made in Usa», in un momento in cui il Pentagono taglia le spese della difesa e le vendite di materiale bellico all'estero segnano il passo. Vittorio Ravizza

Persone citate: Fausto Cereti, Franco Pisano, Stoltenberg, Vittorio Ravizza