Relazioni spettacolose di Lietta Tornabuoni

Relazioni spettacolose PRIMI CINEMA |Mi «Valmont» di Milos Forman tratto dal romanzo epistolare di Choderlos de Laclos Relazioni spettacolose Un 700 bello e convenzionale BOCCONI sul letto, la quindicenne Cécile scrive una lettera sotto dettatura del seducente Valmont. Lui le guarda le gambe infantili un po' tozze e seguitando a dettare le alza la veste, le scopre, accarezza e bacia il sedere bianco, mentre lei, seguitando a scrivere, resta passiva per timidezza, per soggezione dell'adulto, per sensualità curiosa: «Io dicevo di no, di no, ma continuavo a fare quello che voleva lui». E' il solo momento d'emozione vera del regista quasi sessantenne, in un film sfarzoso, gaio, freddamente volontaristico, che altera e manipola moltissimo il testo da cui è tratto, «Les liaisons dangereuses» (Le relazioni pericolose, nel titolo dell'edizione italiana Garzanti) di Choderlos de Laclos. Pubblicato in Francia nel 1782, il gran romanzo epistolare è rimasto nella storia della letteratura come un classico dello spirito libertino e del sensualismo settecentesco prima della Rivoluzione. Il racconto del gioco cinico ideato dalla marchesa di Merteuil e dal suo ex amante visconte di Valmont per corrompere una donna virtuosa e una ragazzina innocente ha avuto in questo secolo infinite versioni teatrali, liriche, filmiche, televisive: il penultimo adattamento cinematografico è appena dell'anno scorso, diretto da Stephen Frears, recitato da Glenn Close e John Malkovich. Milos Forman e il suo sceneggiatore Jean-Claude Carrière anticipano nel tempo la vicenda: circa al 1730, anziché alla vigilia della Rivoluzione. Danno del «romanzo diabolico» una versione sentimentale, giovani- le, vitalistica, percorsa da un'allegria ridanciana, intessuta di psicologie moderne, conclusa da un lieto fine, a tratti noiosa nonostante (o magari per) il programmatico dinamismo, la predeterminata concretezza. Nel dialogo, il pensiero o la riflessione è rarissimo: «Tu sei un uomo perverso», dice la marchesa a Valmont; «Si può cambiare?», chiede lui; «Sì, ma solo in peggio», è la risposta. Il Settecento del film, ricco senz'anima, è bellissimo e convenzionale: stupendi castelli, parchi meravigliosi, affascinanti paesaggi, ventagli, spi¬ nette, cavalli, penne d'oca, merende sull'erba, lezioni di fioretto e di musica, altalene, eleganti costumi di Theodor Pistek nei delicati colori di Bucher o di Watteau, bianco, beige, verdino, rosacipria, grigioperla, celestepolvere. E, nell'intento di mostrare che «i personaggi non vivono nel vuoto», popolane scenette di genere: osterie, mercato col suo vociare di venditori, piazza con commedianti sul palco, cavadenti al lavoro e condannati alla berlina. Tra gli attori, tutti pertinenti all'interpretazione del romanzo e alla scelta di stile del regista, Colin Firth è un Valmont romantico; la vera trovata è la ragazzina Fairuza Balk, puerile, energica, seducente. Lietta Tornabuoni VALMONT di Milos Forman con Colin Firth Annette Bening Faiiuza Balk Meg Tilly Produzione francese 1989 Commedia in costume Cinema Vittoria di Torino; Apollo di Milano; Barberini di Roma Nella foto grande Annette Bening in «Valmont» Nell'immagine piccola Jessica Tandy interprete di «Miss Daisy»

Luoghi citati: Francia, Milano, Roma, Torino, Valmont