Forse fiori d'oro alla bella Manuela di Gian Paolo Ormezzano

Forse fiori d'oro alla bella Manuela COSI' PER SPORT Forse fiori d'oro alla bella Manuela Mi ANUELA Di Centa, di Paluzza in Carnia, . provincia di Udine, potrebbe anche vincere oggi la Coppa del Mondo di sci nordico, cioè diventare la più grande fondista dell'inverno. Si tratterebbe di uno dei successi massimi dello sport femminile italiano, forse il più grande considerando la distanza fra punto di partenza e punto di arrivo. E considerando anche l'estrazione di questa atleta, che non è una montanara ruvida e sempliciotta, di fisico che si dice tosto per non dirlo bruttino. Manuela Di Centa, soprannominata Principessa, ventisette anni, è una donna assai bella, molto amata oltre che beneamata, al centro di vicende sentimentali ardenti e tenere. Poi è un'atleta libera, oltre che una donna libera, dopo i Giochi del 1984 mandò a farsi benedire la Federazione che voleva imporle il trapianto del sangue, rimase in volontario esilio sino a Calgary 1988, tornò alle competizioni dopo avere vinto sul piano morale dell'indipendenza. L'azzurra ha fatto sue nella stagione due prove e mezzo della lunga serie di gare mondiali, l'ultima metà, una semitappa, ieri l'altro a Oslo. E, se oggi vincesse di nuovo e alle sue spalle ci fosse una certa graduatoria la Coppa sarebbe sua, davanti alla supercampionessa sovietica Vialbe. Comunque Manuela Di Centa ha fatto grande staffetta ideale con Stefania Belmondo, ventenne di Cuneo, atleta tipo scricciolo, due medaglie d'oro fra le juniores e l'I I dicembre scorso la chicca statistica di diventare la prima italiana vittoriosa in Coppa, e adesso abbiamo due fondiste atipiche e bravissime, e forse bravissime perché atipiche. Ventidue anni fa il parlamento svedese si interrogò su quell'italiano, Franco Nones, che si era permesso di vincere un'Olimpiade, rifiutando una superiorità dei nordici che era anche un'ideologia, un modo di essere, senso, un sentimento di noroi I dcolc I un Si superiore sanità. Adesso c'è addirittura la donna italiana, e senza la mistica di Madre Coraggio, di Mamma Impresa come per Maria Canins, prima non nordica a vincere la Vasaloppet. Non sappiamo se le femministe sappiano, però dovrebbero sapere, è questo l'8 marzo del nostro sport, con i bucaneve al posto delle mimose. ALBERTO Tognetti è uno svizzero di origine ticinese che vive a Losanna, ha cinquantasei anni, tifa Inter, ama l'Italia, ama il podismo e lo sci di fondo. E' il non svedese che ha disputato più Vasaloppet, venti se si calcola anche l'ultima, che ha fatto a piedi, visto che la corsa è stata annullata, prima volta in sessantasette anni, per mancanza di neve. La notte fra il sabato e la domenica Alberto è andato a Salen, proprio alla località di partenza, e si è dato il via, verso le 24. Seguendo la strada anziché le piste dei boschi, dove si sarebbe perduto e dove non poteva passare il taxi con i rifornimenti, e sbagliando una volta direzione, ha fatto centosette chilometri, anziché gli ottantasei classici. Ha corricchiato quasi sempre, ci ha messo 12 ore. E' arrivato a Mora verso mezzogiorno: qualcuno aveva saputo, e c'era la stampa svedese, c'erano le ragazze in costume con la corona d'alloro per il vincitore della Vasaloppet. Alberto non voleva, negli ultimi chilometri aveva cercato invano di mescolarsi ai pedoni di una corsa di venti chilometri, organizzata proprio in sostituzione della grande gara annullata. Alberto - che si è fatto tante Torino-Saint Vincent, Cento Chilometri del Passatore e si capisce Marcelonghe - non vuole nemmeno queste righe. Però in Svezia è stato, nella settimana prima della Di Centa, la persona più nota con il nome italiano, senza aver dovuto inaugurare una pizzeria o sedurre una principessa o cantare una canzonetta. Gian Paolo Ormezzano «oj

Persone citate: Alberto Tognetti, Di Centa, Franco Nones, Manuela Di Centa, Maria Canins, Stefania Belmondo, Vialbe

Luoghi citati: Carnia, Cuneo, Italia, Losanna, Oslo, Paluzza, Svezia, Torino, Udine