Al nostro ciclismo resta solo lo speranza

Al nostro ciclismo resta solo lo speranza Si corre oggi la Milano-Sanremo numero 81: in gara 270 corridori di cui 94 italiani, 294 km al sole Al nostro ciclismo resta solo lo speranza C'è Fondriest contro il francese Fignon in cerca di un tris MILANO DAL NOSTRO INVIATO Ieri c'è stata la cosiddetta punzonatura della Milano-Sanremo, nei Giardini Pubblici di Milano, e sotto un sole caldissimo qualcuno ricordava di quando marzo (allora si correva sempre il 19, festa di San Giuseppe), era mese di pioggia a Milano e anche di neve sull'Appennino Ligure, e la corsa era detta «al sole», e infatti quando si scollinava il Turchino, sotto il celebre tunnel, si vedeva laggiù l'azzurro, nella bifora sempre più grande, e quando si sbucava alla luce bisognava sbattere le palpebre, perché cominciava la primavera. Ma erano tempi profondamente diversi, esisteva ancora l'inverno, esisteva ancora il ciclismo italiano. Sono iscritti 270 corridori, dieci per squadra, all'edizione di oggi, l'ottantunesima, 294 km: gli italiani sono 94, quattro soli possono sperare di finir bene la corsa, e si tratta di Adriano Baffi per condizione, Moreno Argentin per esperienza, Maurizio Fondriest per classe, Claudio Chiappucci per fachirismo. Non vinciamo dal 1984 di Moser. Le ultime due edizioni sono andate al francese Fignon, che con la terza vittoria consecutiva farebbe il record, staccandosi da Girardengo, Bartali, Coppi, Petrucci, Merckx (due volte) e De Vlaeminck, quelli della doppietta. Fignon è al via anche oggi, e se vince non solo fa la Grande Impresa, ma in un certo senso valorizza ulteriormente il suo 1989, quando alla fine, fatti tutti i conti, qualcuno gli ha messo, magari giustamente, LeMond davanti: perché legare una Sanremo vittoriosa all'altra e in mezzo perdere un Tour de France all'ultima tappa per otto secondi e per il manubrio quanto meno misterioso del rivale americano è cosa enorme. LeMond è qui, ieri ha preso un premio, con Bartali del bel tempo che fu ed Evangelisti della tivù, e ha dato vita ad un gemellaggio di biciclette con Fondriest, oggi corre ma per preparare Giro e Tour. Per pre¬ parare bene queste due corse Giupponi si è addirittura rotta ieri l'altro una clavicola, ottimo affare per interrompere gli impegni di stagione: tanto a Sanremo non avrebbe vinto. Contro Fignon correranno, per il traguardo massimo, piuttosto i belgi Plankaert (reduce da una cura rivitalizzante a base, pare, di fegato di feti d'agnello, utile per non temere le salite: si sbalordisce, ma pare che la facesse già Pio XII, ancorché impegnato in altri tipi di ascese) e Vandeaerden e De Wilde, gli olandesi Rooks e Breukink e Maassen e magari Theunisse, il danese Sorensen, l'irlandese Kelly, lo svizzero Maechler, il tedesco Golz. Per la verità molti stranieri possono vincere la Sanremo, ma pensiamo che l'elenco del telefono abbia attualmente per l'italiano sportofilo un interesse superiore. E quanto al ciclofilo, sa molto di più di quanto i giornalisti tentino di trasmettergli la vigilia. Di nuovo rispetto alle altre nostre attese tristi, pessimistiche degli ultimi anni c'è il naso di Fondriest, fattosi perentorio, a prora, tipico dei ciclisti di razza. Bugno è fuori forma, buoni- giovani neoprofessionisti non ce ne sono, le nostre squadre sono soltanto dieci e neanche molto forti, impossibile che riescano a imporre la cosiddetta corsa all'italiana, tutta attendismi ed agguati. La lunga presenza della tv in diretta fa escludere i soprassalti soltanto agli ultimissimi chilometri, quando di solito entrano in azione le telecamere. Ci sarà corsa già sul Berta, a 38 km dall'arrivo, sul Cipressa, a 20 e mezzo, sul Poggio, a m 4300. Beh, la vigilia è tutta qui. Ci dibattiamo, senza angoscia comunque, fra due tipi di ipotesi: cosa accadrebbe di buono al nostro ciclismo se un italiano vincesse la Sanremo, cosa accadrebbe di cattivo se non la vincesse. Possibile che entrambe le soluzioni generino indifferenza: più dolorosa però quella del primo tipo, ragion per cui si potrebbe anche desiderare a priori il solito maledetto nulla che non un qualcosa che andrebbe sciupato, e che casomai farebbe sapere che il ciclismo è fuori moda presso gli italioti. Ma siamo al catastrofismo. In realtà confidare nei residui di poesia, anche al fondo dell'uomo più scafato, è un buon affare, oltre che una regola per sopravvivere. E allora si deve sperare di vincere, e sperare che così vengano innaffiati semi ancora vivi. In fondo ieri a Milano c'era gente che aspettava Saronni all'ultima Sanremo, Moser che si u'riarchizza sempre più, Gavazzi che a quarant'anni, nonostante una punta d'ernia, corre ancora la Sanremo vinta dieci anni fa. E ai Giardini Pubblici i verdi avevano impedito l'afflusso anche alle auto del seguito, pensando di fare omaggio al ciclismo tutto ecologia, e dicendo che questo sport in qualche modo vive, sia pure negli sfruttamenti oltre che nelle attenzioni. Gian Paolo Ormezzano Maurizio Fondriest, secondo nell'88 Laurent Fignon può fare il tris §5 —1 i ^ ce oQ ■z. co lu co m <sj < <: ce ,-r-CO co Q o > ce /—) uj ce ^e/> Km. progr. 200 210 210.5 220 260 255.9 270 280 290 273.4 289.4 294.0