Venezia, affonda il piano per la laguna

Venezia, affonda il piano per la laguna Il Consiglio dei Lavori pubblici ha bocciato il «sistema» di dighe contro il fenomeno dell'acqua alta Venezia, affonda il piano per la laguna Si perdono così cinque anni di lavoro Preferito il progetto con le «chiuse fisse» VENEZIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sono soltanto 20 cartelle, ma sono una bomba pronta ad esplodere. Il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici le ha votate a maggioranza, 38 a 12, decretando la sostanziale bocciatura del «Progetto Venezia»: cioè il piano di risanamento della laguna, per il quale lo Stato ha stanziato sette mila miliardi e ne ha già impegnati mille. Il Consorzio Venezia Nuova, concessionario dei lavori - del quale fanno parte imprese come Tiri, la Impresit e il Gruppo Mazzi-Fincosit - vede in pratica svanire il lavoro di cinque anni: un sistema di dighe mobili per chiudere i tre canali di comunicazione fra mare e laguna, ed eliminare così il fenomeno delle acque alte eccezionali. La decisione del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici ha un effetto dirompente sul prossimo comitato dei ministri, che si doveva riunire martedì a Venezia proprio per dare il via alla fase operativa di questo grande progetto. In pratica, il massimo organo tecnico dello Stato indica una via opposta a quella tracciata dal massimo organo politico. Difficile pensare che il comitato non tenga conto a questo punto del parere del Consiglio superiore: non è mai accaduto. Così potrebbero essere azzerati dieci anni di vivaci e a volte traumatiche discussioni, con una giunta di quadripartito caduta proprio su questo nodo e con due giganteschi progetti entrambi accantonati. «E' difficile prevedere che cosa possa succedere adesso - si preoccupa il vicesindaco comunista, Cesare De Piccoli, che pure era stato fra i maggiori detrattori delle decisioni fin qui prese dal comitatone -. Mi pare sia necessaria una pausa di riflessione, per non compromettere il lavoro svolto». Le sue critiche - così come quelle della maggioranza in Consiglio comunale - riguardavano gli aspetti trascurati dal governo, come il disinquinamento della laguna o la decisione sui livelli dei fondali, e dunque sui destini del porto. Non riguardavano invece il progetto in se stesso, considerato migliore di quello precedente, che prevedeva la costruzione di chiuse fisse. Il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici recupera invece quel progetto, approvato nell'82 e poi accantonato dallo stesso «comitatone». «Riappare la vecchia cultura cementizia», dice l'ex sindaco socialista del quadripartito, Nereo Laroni. E le illazioni su queste venti cartelle si sprecano: il Consiglio superiore si sarebbe vendicato col governo per non essere stato interpellato sul nuovo progetto. «E' un chiaro atto di rivalsa, un conflitto fra Stato e funzio¬ nari», osserva Mario Rigo, sindaco socialista per dieci anni, ora alla guida di una lista civica. «E' la sconfitta del decisionismo fatto di dichiarazioni aggiunge Gaetano Zorzetto, assessore repubblicano -. I ministri a capo del "comitatone", Gianni De Michelis prima, Gianni Prandini adesso, ostentavano decisionismo, ma non conoscevano neppure il parere dei loro uffici». Ora, questo parere è consulti¬ vo, «di massima» come osserva lo stesso Prandini, che presiederà il «comitatone» di martedì. Per di più pare sia stato senza il numero legale, soltanto 50 presenti su 117: dunque potrebbe essere inficiato. In tutti i casi rischia di produrre un rallentamento dell'intero itinerario: di questo il Consorzio Venezia Nuova è consapevole, anche se attende la riunione di martedì prima di rilasciare dichiarazioni ufficiali. La delusione dei progettisti e delle imprese consorziate è tangibile: se questa decisione dovesse perdurare, il loro ruolo sarebbe svilito al punto da non motivarne più la permanenza a Venezia. Ma molte delle considerazioni del Consiglio superiore rispecchiano alcuni passi dell'ordine del giorno votato dal Consiglio comunale. «Viene data ragione una volta per tutte alle nostre riserve - dice l'assessore Verde, Stefano Boato -. Vedia- II «Mose» al momento del varo mentre transita in Bacino S. Marco. Sullo sfondo l'isola di S. Giorgio mo se questo stop servirà a far riconsiderare molti altri aspetti del riequilibrio dell'ecosistema». «Si è preferito partire dal mare anziché dal disinquinamento e dal riassetto morfologico della laguna - dice Massimo Cacciari, capolista per il pei -. Si è preferito il grande affare. Ma a questo punto sarebbe drammatico un rinvio ad oltranza». Il Consiglio superiore parla di questa priorità o almeno della contemporaneità fra opere idrauliche e disinquinamento. Parla degli interventi urgenti a protezione dei litorali. Chiede che siano definite le quote di profondità dei fondali, e dunque che si stabilisca se a Venezia continueranno a entrare le navi di grande tonnellaggio oppure no. Sono scelte affidate agli organi politici: alla Regione il piano di disinquinamento; al governo quello sulla portualità. Entrambe le decisioni devono ancora essere prese. A questo punto, gli scenari possibili sono tanti. Ma il progetto può benissimo essere salvato: o con un colpo di spugna da parte del «comitatone» alla decisione del Consiglio superiore; oppure con una tempestiva rimozione degli ostacoli principali frapposti dall'organo tecnico dello Stato. E cioè prendendo quelle decisioni che da troppo tempo mancano. Mario Lollo

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