Il «re della minerale» imputato per l'Ambrosiano di Susanna Marzolla
Il «re della minerale» imputato per l'Ambrosiano L'accusa è di bancarotta fraudolenta e appropriazione indebita, ma per l'imprenditore fu un normale finanziamento Il «re della minerale» imputato per l'Ambrosiano Ciarrapico ebbe da Calvi 35 miliardi per comprare la Fiuggi (ne costava 29) MELANO. Concorso in bancarotta fraudolenta e appropriazione indebita: sono questi i due reati contestati ieri a Giuseppe Ciarrapico dal giudice istruttore Anna Introini, che conduce un'inchiesta-stralcio sul crack del Banco Ambrosiano. L'interrogatorio è durato più di tre ore: Ciarrapico, entrato come semplice indiziato (aveva ricevuto una comunicazione giudiziaria nel novembre '83) ne è uscito con un'imputazione formale anche se, una volta fuori dall'ufficio del giudice, ha voluto negarlo. «Non mi è stato contestato nulla », ha detto infatti. E ha aggiunto: «Il concorso nel crack non mi riguarda: c'è quando uno sottrae qualcosa. Io non ho sottratto niente. Sono un normale cliente del Banco Ambrosiano che ha ricevuto un finanziamento di 35 miliardi e ha restituito l'intera somma pagando anche gli interessi, in tutto 48 miliardi e 815 milioni. Questa dell'Ambrosiano mi pare una telenovela di cui ho già parlato ampiamente in diverse sedi». La «telenovelas, come dice Ciarrapico, inizia all'epoca dell'arresto di Roberto Calvi, presidente-padrone dell'Ambrosiano, quando il futuro «re delle acque minerali», già ben introdotto nell'ambiente romano, dà una mano alla moglie del banchiere che tenta di contattare i politici. Fedelissimo di Giulio Andreotti è proprio lui a introdurre Clara Calvi - secondo quanto ha dichiarato lei stessa nello studio del presidente del Consiglio, lui a consigliarla nei suoi colloqui con altri personaggi, come Bettino Craxi. Tutto ciò avviene nella primavera deh"81; a dicembre Ciarrapico ottiene un finanziamento di 4 miliardi per acquistare una partecipazione alla «Elettrocarbonium»." Pochi mesi dopo, nel marzo dell'82, un altro finanziamento, questa volta molto più consistente. Chiede e ottiene per la sua società, la Fidieco, 35 miliardi: servono ad acquistare il pacchetto di maggioranza dell'Ente Fiuggi, allora di proprietà della società Acqua Marcia; il passo decisivo per essere incoronato «re della minerale». Un «normale finanziamento, regolarmente documentato», come sostiene Ciarrapico? I giudici non ne sono convinti. Secondo il sostituto procuratore Pierluigi dell'Osso, pubblico ministero nell'inchiesta sull'Ambrosiano (ieri era presente all'interrogatorio), quello alla Fidieco era uno degli «affidamenti che non rispondevano ad una logica creditizia, bensì a particolari interessi del vertice del Banco, che desiderava favorire per propri scopi metabancari detcrminati soggetti e società». I 35 miliardi erano stati concessi alla società di Ciarrapico «no- nostante il parere negativo espresso dagli uffici tecnici dell'Ambrosiano, in quanto l'acquisto delle azioni Fiuggi sarebbe avvenuto senza alcun esborso di denaro proprio da parte del cliente». In sostanza il finanziamento dato dall'Ambrosiano - che aveva ricevuto come garanzia, secondo l'accusa, solo le azioni dell'Ente Fiuggi ancora da acquistare - copriva totalmente il costo dell'operazione. Anzi di più: il pacchetto azionario costava infatti circa 29 miliardi, Ciarrapico ne ebbe almeno cinque di più: da qui l'accusa di appropriazione indebita, poiché questa somma extra, di cui non è chiara la destinazione, assumerebbe i contorni di un «ingiusto profitto». Il finanziamento alla Fidieco (assieme ad altre operazioni analoghe) era già stato contestato agli ex amministratori e sindaci del Banco Ambrosiano, già rinviati a giudizio per concorso in bancarotta. Rimane aperta l'inchiesta-stralcio sui beneficiari di tale fido: oltre a Ciarrapico, alcuni collaboratori della Fidieco (Alessandro Abbignente, i fratelli Ferruccio, Osvaldo e Francesco Calvani) e gli immancabili Francesco Pazienza e Maurizio Mazzotta. Secondo quanto avrebbe raccontato lo stesso Ciarrapico, Calvi gli consigliò, una volta ottenuto il finanziamento, di «fare lavorare un po' anche loro due». Così Ciarrapico firmò un contratto per cui avrebbe dovuto pagare un miliardo e mezzo alla loro società, la Assofin, per non meglio precisate consulenze commerciali. Ma quelle consulenze non ci furono e così ai due finirono solo le briciole: cento milioni alla società e altri cento sul conto bancario di Pazienza. Susanna Marzolla
Luoghi citati: Fiuggi
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