Ustica, superperizia sul «Mig» di R. Con.
Ustica, superperizia sul «Mig» Polemiche in commissione stragi sul documento che rilancia l'ipotesi bomba Ustica, superperizia sul «Mig» Due mesi per capire se la parola è sui nastri ROMA. Occorrerà attendere altri due mesi per sapere se dieci anni fa, pochi secondi prima che il Dc9 dell'Itavia esplodesse nel cielo di Ustica, nelle conversazioni fra la sala operativa di Marsala e altri centri radar dell'Aeronautica, sia stata pronunciata la parola «Mig». I periti Giovanni Ibba e Andrea Paoloni hanno ottenuto infatti sesssanta giorni di tempo, complessivamente, per rispondere ai quesiti dei giudici Bucarelli e Santacroce. Due, soprattutto, le domande rivolte agli esperti che ora dovranno sottoporre a esame spettrografico le registrazioni telefoniche. Quale sia, cioè, l'esatta trascrizione delle parole messe tra parentesi dai periti che hanno «tradotto» i nastri — perché di difficile comprensione — compresa quindi la «contestata» parola «Mig». E se siano rilevabili o meno «interventi volti all'alterazione del contenuto delle singole conversazioni». I difensori che rappresentano i familiari delle 81 vittime, pre¬ senti al conferimento dell'incarico ai periti, hanno inoltre richiesto ai magistrati una serie di nuovi atti. Come, ad esempio, l'acquisizione di un non meglio specificato codice denominato booknumber (spesso nominato nelle registrazioni telefoniche) e i nastri con le conversazioni della sera del 27 giugno 1980 di Siracusa, Martinafranca e Poggio Ballone e quelli terra-bordoterra di questi stessi centri e di Licola. Ai giudici è stato chiesto anche di sequestrare il rapporto di sala operativa della sera della strage quando a Marsala era di servizio il capitano Adulio Ballini, imputato con altri militari di soppressione di atti veri, falsità materiale e favoreggiamento. Tutti reati lievi, lamentano i difensori di parte civile, che potrebbero cadere presto in prescrizione se non sono stati addirittura cancellati dall'amnistia del 1985. Con il rischio, sostengono, che il processo — che dovrà concludersi entro il 24 ottobre — possa trovarsi senza imputati. Gli avvocati di parte civile avevano chiesto alla magistratura di contestare agli imputati reati più gravi di quelli finora attribuiti, in quanto dagli atti dell'inchiesta emergerebbero responsabilità maggiori di quelle che fino ad oggi sono state addebitate agli ufficiali. Di pari passo con l'inchiesta giudiziaria, e con gli stessi tempi lenti, procede l'indagine della commissione parlamentare stragi. Ieri si è svolta la seconda delle tre sedute — l'ultima è in programma venerdì — dedicate alla discussione della pre-relazione del presidente repubblicano, Libero Gualtieri. E gli interventi (dei democristiani Nicolò Lipari e Pier Ferdinando Casini e del dp Luigi Cipriani) si sono concentrati, come era prevedibile, sull'ipotesi della bomba nel carrello rilanciata nei giorni scorsi dal de Manfredi Bosco con la diffusione di un documento del Rarde, l'ente inglese al quale nel 1988 si rivolsero i superperiti designati dal giudice Bucarelli. Il presidente Libero Gualtieri ha fatto da ago della bilancia, sostenendo che «la commissione non è spaccata e sbaglia chi vuole accreditare a tutti i costi questi tesi». Casini ha denunciato il rischio — pur esprimendo soddisfazione per il lavoro svolto, — che la commissione «diventi permeabile alle grandi pressioni esterne, spesso rivolte ad ogni finalità, salvo all'accertamento della verità sul caso Ustica. E se Lipari ha invitato i colleghi ad andare sino in fondo e non attendere le conclusioni della magistratura, invece il demoproletario Cipriani, come sempre polemico, ha affermato che «c'è stata la volontà di occultare, non so se per complicità o per "tener bordone", ma c'è tutta una serie di testimonianze di casi in cui sono state fatte sparire le prove». Ma l'esponente di dp se l'è presa anche con Bosco sostenendo che egli parla «in preda a furore massonico e aeronautico». [r. con.]
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