MACERATI COLORI DI FRANZONI di An. Dra.

MACERATI COLORI DI FRANZONI MACERATI COLORI DI FRANZONI CMILANO ON settantacinque dipinti e una quarantina di disegni e acquerelli, nei quali un post-impressionismo dalle venature mitteleuropee s'era andato mescolando con evidenti riporti italiani, la «Permanente» di Milano propone (fino all'I 1 marzo) la figura d'un singolare pittore ticinese, Filippo Franzoni (1857-1911). TUO a Locamo da Giuseppe ed Emilia Stalder—cresciuta, la madre, tra l'aristocrazia intellettuale milanese — s'era tardivamente formato a Brera, allievo di Giuseppe Bertini. Era quindi maturato nel clima d'una tarda scapigliatura lombarda, attento alle ricerche divisioniste favorite dai Grubicy e, al tempo stesso, alle più diramate lezioni attinte dalle regioni contigue. In più d'un tratto sembra infatti accostarsi — ma già lontano da ogni ispirazione fontanesiana — all'intonazione e alla minuta pennellata del piemontese Reycend, risentendo anche dell'intensa luminosità degli azzurri sfondi, paesistici e no, di Andrea Tavernier, quasi ritrovandone nelle «Apparizioni» lo stesso gusto allegorico-decorativo. Nel Veneto, di cui avverte le luci più stregate, così da impregnarne «Tombe romane a Concordia», non mancò di guardare al fraseggio paesistico di Guglielmo Ciardi e di Fragiacomo, e al taglio allungato delle loro composizioni, ma di Favretto fece addirittura il suo modello, copiando nella «Scena teatrale II» non altro che «Susanna e i vecchioni» ch'erano valsi al veneziano uno dei più popolari successi. Per intendere la sua visione bisogna tener conto, d'altra parte, sempre negli Anni 80, dei rapporti con la nobiltà cosmopolita che viveva sulle rive del Lago Maggiore dove aveva frequentato soprattutto i Saint-Léger presso i quali, nell'isola di Brissago, incontrò certamente Daniele Ranzoni. Erano poi venuti, nel 1889, i viaggi a Monaco e a Parigi, con un nuovo soggiorno a Venezia, già visitata in occasione della mostra nazionale del 1887. E' del 1893 il ritorno a Locamo, lasciando definitivamente Milano dove, due anni prima, aveva dipinto il «Ritratto dèlia Madre»: «un unicum», scrive Rossana Bossaglia in catalogo (Vangelisti Editore): a caratterizzarlo è un sintetismo cromatico di ascendenza Nabis che, in Italia, potè altrimenti riaffiorare soltanto più tardi, in cèrti ritratti del ro¬ mano Roberto Melli. Venne, quindi, il momento di nuove suggestioni: con il simbolismo colto attraverso Hodler e Cuno Amiet (con il quale divise a volte un certo segno, fitto e sottile), e con una chiara inflessione teosofico-naturista indottagli, ad Ascona, dalla frequentazione della comunità che del Monte Verità aveva fatto il proprio teatro esistenziale. Con i precedenti di alcune mostre e pubblicazioni — dalle monografie di Virgilio Guardoni, nel 1968, e di Piero Bianconi, nell'84, alla prima esposizione antologica (1981-82) e a quella che nell'87 presentò in catalogo i «materiali» della Fondazione Franzoni di Locamo — la rassegna milanese, curata dalla Bossaglia in collaborazione con Matteo Bianchi e Simone Soldini, appare la più compiuta, documentando ordinatamente l'intera vicenda dell'artista: dagli esordi, nei primi Anni 80, tra gli studi di figura e gli scorci vedutistici (con «Al Duomo» che, tavolozza a parte, rivela l'allievo del corso di prospettiva tenuto a Brera da Luigi Bisi) e i volti di ascendenza scapigliata, al più spiegato interesse per il paesaggio, spesso animato. Il tèma paesistico s'annuncia qui con «Cappelle a Campo Vallemaggia», ma più marcatamente la sua personalità incide nella filtrata atmosfera cromatica di «Barca sul lago» con «quel roseo triste morente in viola» (come scrisse Francesco Chiesa) che tornerà intomo al '95 in «La vela» attraverso una sorta di luminosa combustione d'ogni forma, in un'immagine struggente che si ricollega all'intensa inquietudine di alcuni ritratti destinati a trovare il loro punto più alto in «Paolina». t A caratterizzarla è un volto ripreso frontalmente (come nel più tardo «Autoritratto II»), pur risultando più vicina alla prima, quasi spoglia versione di quel suo sembiante, tutto occhi, penetranti: con quei colori macerati, da delirio, magistralmente descritti da un Testori, non senza enfasi, ma centratissimo «verde e giallo; lucertole, crescione e bile: tutto perforato dall'imminente pazzia come da un fùnebre tarlo; urlante nel silen zio; avventato e atroce come un Gerstl; o (non abbiamo timore al cuno a dirlo), come un Van Gogh che qualche folle avesse dimenticato a marcire, nel mar ciré autunnale dei boschi e dei prati». Ricoverato nel 1909 nel manicomio di Casvegno (Men drisio) Franzoni vi morì il 17 marzo 1911. [an. dra.]

Luoghi citati: Ascona, Emilia, Italia, Milano, Monaco, Parigi, Veneto, Venezia