Monreale sogna una nuova èra normanna

Monreale sogna una nuova éra normanna Due anni di manifestazioni nella città siciliana per ricordare il fondatore a 8 secoli dalla morte Monreale sogna una nuova éra normanna Verso il Duemila, sotto la guida di Guglielmo il Buono 1PALERMO L progetto è ambizioso: rilanciare Monreale — che oggi rischia di essere soffocata dal cemento — sulle orme del suo passato illustre, nel tempo del massimo splendore dei Normanni in Sicilia. Il programma è essenzialmente culturale e politico: convegni, mostre e dibattiti di respiro internazionale per riproporre l'immagine della città che per vent'anni, fino al 1189, fu la più ricca del Sud con il giovanissimo re Guglielmo II «il buono», figlio di Guglielmo I detto invece «il malo» non tanto perché fosse cattivo ma visto che il suo regno, paragonato subito a quello del figlio, fu decisamente scalcinato. Nell'ottocentesimo anniversario della morte di Guglielmo II, il Comune e l'Arcidiocesi di Monreale hanno indetto l'Anno di Guglielmo per ricordale l'eccezionale vigoria culturale del giovane sovrano orfano di padre a 13 anni, re a 18, morto a 36 non ancora compiuti senza lasciar figli. Con «Il buono» nacque Monreale e con essa il suo più bel gioiello, il celebre Duomo visitalo ogni anno da un milione di turisti di ogni nazionalità. Sono in corso varie celebrazioni che saranno svolte per altri due anni ancora nel Duomo, nel Palazzo arcivescovile, in Municipio. Primo appuntamento un pontificale, officiato dall'arcivescovo Salvatore Cassisa, presenti numerose autorità fra le quali il ministro della Pubblica Istruzione Sergio Mattarella. Ma perché cercare di recuperare oggi, alle soglie del Duemila, la memoria di un re vissuto otto secoli fa? La risposta è evidente se si ci si sofferma su quella che fu una delle Signorie feudali tra le più ricche d'Europa con una Corte ammirata e invidiata che sapeva progredire non imponendosi con la forza delle armi, ma con la logica della cultura e della capacità d'integrazione. La conclusio¬ ne è che forse l'insegnamento dei Normanni, che subentrarono agli Arabi in Sicilia, oggi può essere estremamente attuale e letto in una chiave positiva. E' da quel clima di grande tolleranza, lo stesso che spinse Ruggero d'Altavilla, per quanto re cristiano, a disertare la prima Crociata, che in un periodo così violento come questo in Sicilia si può ricavare più di un esempio da seguire. I Normanni, che spodestarono i musulmani dopo i tre secoli di loro presenza nell'Isola, furono raramente crudeli e quasi sempre mossi dall'interesse a costruire più che a distruggere con la forza delle armi. E lo fecero, riuscendovi, in un periodo in cui in Europa si estendeva, minacciosa e irritante, un'ondata di intolleranza tanto simile a quella dei rigurgiti razzisti dei nostri giorni. «Il buono» oggi potrebbe ispirare i governanti siciliani alle prese con le tortuose oscure crisi della Regione che l'esplosione dei franchi-tiratori spesso fa diventare scandalose. Fra le sale di Palazzo dei Normanni, lo stesso dove siede l'Assemblea Regionale Siciliana, il giovane sovrano dovette presto imparare a districarsi nell'«alta politica» durante la reggenza della madre Margherita di Navarra. Tre influenti personaggi si contendevano il primato, ma, pur lottandosi, lo facevano senza che mai il reame traballasse. E non c'è, in questo, molta analogia con il presente perché le attuali lotte per il potere espongono invece la Sicilia, con oltre 300 mila disoccupati e un infuno tasso di crescita del prodotto interno lordo, al rischio della bancarotta. Il più enigmatico e per certi versi sibillino potente della Corte di Guglielmo II fu Pietro l'Eunuco, uno schiavo che «il malo» aveva liberato e portato con sé a Palermo. Era lui che teneva l'amministrazione del regno; la sua influenza sulla Reggente era assoluta, tanto che molti sospettava- no che riuscisse a soggiogarla, ipnotizzandola, anche se non era vero. Gli altri due maggiorenti erano Riccardo Palmer, amico di San Tommaso Becket, e il giurista Matteo di Salerno, che ebbero anche il loro gran da fare per contenere l'esuberanza dei cavalieri chiamati a Palermo da Margherita, soprattutto dalla Spagna e dalla Francia, appena rimasta vedova. Guglielmo «il buono» che quasi sempre indossava abiti di foggia orientale, mandando in visibilio i siciliani rimasti legati al mondo islamico, aveva concubine arabe e una guardia del corpo formata da negri. Il suo capolavoro fu decisamente il Duomo con i famosi mosaici eseguiti da artisti bizantini e islamici. Per questo il ministro Mattarella ha plaudito alle celebrazioni cominciate a Monreale sostenendo che «l'esempio di Guglielmo il buono può oggi essere imitato nel senso della tolleranza e della pacificazione, due fatti particolarmente importanti nel nostro Paese e nel Mediterraneo». «Non c'è alcun velleitarismo — afferma il sindaco Antonino Sirchia —. Il nostro principale obiettivo è di far crescere il grado di sensibilità esistente attorno a Monreale. La nostra storia può rivelarsi leva e incentivo per migliorare e farci andare ancora di più avanti». Il sindaco sottolinea l'importanza del Cres, il centro di ricerche sull'elettronica diretto dal professor Stefano Riva Sanseverino, dell'Istituto d'Arte, delle locali scuole dell'artigianato. A due convegni internazionali nei quali coinvolgere studiosi del periodo normanno e protagonisti delle attuali vicende mediterranee guarda il presidente del comitato organizzatore dell'Anno di Guglielmo, l'assessore comunale ai Beni Culturali Angelo Marceca: «Se la Regione ci darà i fondi necessari — dice — credo che potremo contribuire alla prosecuzione del grande disegno di Gu¬ glielmo n interessato a fare del Mediterraneo un'area di serenità, integrazione e scambi economici e commerciali». Marceca aggiunge: «L'ormai imminente abbattimento delle frontiere europee e la più che probabile unificazione delle due Germanie con la rinascita del colosso tedesco nel centro d'Europa possono accelerare i tempi di una proposta mediterranea, la stessa alla quale Guglielmo guardava in contrapposizione a Federico Barbarossa». Del rosso imperatore tedesco m qualche modo «Il buono» fu il contraltare dell'estremo Sud. Guglielmo n si schierò con il Vaticano stipulando un patto di alleanza con il Doge Ziani che, per timore dei siciliani, consigliò ai greci di allentare la tensione con la Repubblica Veneziana. E la potenza navale e militare siciliana tornò assai utile dopo la caduta di Gerusalemme quando, facendo salire al massimo le sue azioni nelle altre Corti europee, il giovane monarca siculo-normanno fece comprendere ai nemici (ma non troppo) Saraceni e soprattutto ai suoi alleati, parenti e amici europei, che la Sicilia esisteva non soltanto per la sua posizione geografica certamente strategica. Morto «Il buono» il 18 novembre del 1189 tutto si confuse fino a offuscarsi e cominciò il declino verso il dissolvimento dell'era normanna in Sicilia. «Monreale però splende ancora, se ne può esser certi», dice Pino Giacopelli, l'ex sindaco che con altri studiosi ha varato un monumentale volume sul passato e sul presente della bellissima cittadina che respinge l'ipotesi di essere assorbita da Palermo e vuol mantenere la sua autonomia. «Soli, ma non isolati — spiega il prof. Giacopelli — il nostro obiettivo è di accreditare Monreale per quello che vale e che esprime nella scia di una valenza culturale eccellente». Antonio Ravidà «La creazione degli uccelli», mosaico del duomo di Monreale (XIII secolo)