Lo Stato in vendita Chi spinge chi frena di Emilio Pucci

Lo Stato in vendita Chi spinge, chi frena PRIVATIZZAZIONI Lo Stato in vendita Chi spinge, chi frena ROMA. Dai fendenti si è ora passati a più eleganti colpi di fioretto, ma la polemica sulle privatizzazioni resta violenta, paralizzante. A spingere è il ministro del Tesoro, Guido Carli, spalleggiato da repubblicani e liberali. Ancora ieri l'ex governatore della Banca d'Italia ha ricordato che nel mondo sta diminuendo l'area dello Stato gestore. E, nell'intervista a «Il Giornale», ha precisato che il passaggio non dovrà avvenire in assenza di regole. Ma il «partito del pubblico dominio» (nelle cui file si contano la maggioranza dei de e dei socialisti) è al momento più forte e poco sensibile anche all'ultimo allarme sul disavanzo statale '90: c'è un «buco» di oltre 10 mila miliardi, esattamente la cifra prevista per i fondi di dotazione a Iri, Eni ed Efim per il prossimo triennio. Naturalmente, nessuno dice a chiare lettere di non voler privatizzare, ma quella delle cessioni auspicate, annunciate e mai realizzate è una storia che si ripete ormai da tempo. La musica è sempre la stessa, che si tratti di Maccarese, di Sme o di Telit. E c'è poco da sperare anche per i matrimoni misti come dimostra il caso Enimont. A placare l'ira dei «privatizzatori» era stato giovedì scorso lo stesso presidente del Consiglio, Andreotti, con l'annuncio della costituzione di un comitato di ministri per accertare che cosa e come lo Stato può vendere ai privati. Ma lo stesso Andreotti, prima di partire per le Americhe, ha gelato gli entusiasmi, lasciando prevedere tempi lunghi per eventuali operazioni in questa direzione. «Sono favorevole — ha detto il presidente del Consiglio — alla vendita di una parte del patrimonio pubblico per far fronte al debito dello Stato. Ma dobbiamo stare attenti a come si vendono questi beni. C'è molta gente, ad esempio, che è disposta a comprare le caserme che si trovano nei centri storici. Una volta ottenuti questi beni ad un certo prezzo, protrebbero poi fare pressioni presso i Comuni per ottenere delle classificazioni urbanistiche superiori. Noi fa1 remmo la figura degli imbeI cilli o dei corrotti, se qualcu¬ no rivendesse a 100 quello che ha comprato a 1 o 2». Si andrà avanti dunque a piccoli passi e pure il ministro del Bilancio, Paolo Cirino Pomicino, numero due della corrente andreottiana, avverte che senza una legge antitrust, senza la trasformazione delle banche in società per azioni, in assenza di una normativa contro l'insider trading, «è molto probabile che la cessione di aziende pubbliche non abbia quei requisiti di trasparenza e correttezza indispensabili in operazioni come queste». Il guaio è che i progetti di legge per la riforma delle banche pubbliche, sull'antitrust e sull'insider trading sono da tempo bloccati in Parlamento. Inoltre, le ormai vicine elezioni amministrative e i referendum faranno rinviare qualsiasi decisione. Poi verrà l'estate ed è così gioco facile prevedere che il nodo delle privatizzazioni sarà spostato in autunno. Ma repubblicani, liberali e lo stesso Carli saranno disposti ad accettare questo ulteriore slittamento? In caso negativo, le tensioni all'interno della compagine governativa potrebbero farsi laceranti. Intanto, banche, assicurazioni, poste, ferrovie, autogrill resteranno in mano pubblica. Una resistenza che per il senatore de Beniamino Andreatta ha un preciso significato: il processo di privatizzazione porterebbe ad un ridimensionamento del potere della classe politica. In gioco ci sono infatti più di mille poltrone, tra presidenze, vicepresidenze, consigli di amministrazione e incarichi direttoriali. Una grande «lottizzazione sguaiata», dice ancora Andreatta, con i burocrati di partito «catapultati nei posti chiave senza averne i requisiti professionali». I nemici delle privatizzazioni sono ben agguerriti e il repubblicano Giorgio La Malfa si affanna a sottolineare che quella delle privatizzazioni «non è una questione ideologica, ma pratica, di recupero di efficienza e di far retrocedere i partiti dal controllo del sistema economico del Paese». Ma è una battaglia dall'esito assai incerto. Emilio Pucci ccj

Persone citate: Andreatta, Andreotti, Beniamino Andreatta, Carli, Giorgio La Malfa, Guido Carli, Paolo Cirino Pomicino

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