Il Festival?Ma non è una cosa seria

Il Festival? Ma non è una cosa seria Sanremo: pettegolezzi, maldicenze, accuse sulla vittoria troppo prevista dei Pooh Il Festival? Ma non è una cosa seria Lo show serve per divagare, quel che conta sono i miliardi SANREMO DAL NOSTRO INVIATO Ci sarà piccola polemica, come ogni anno, come se il Festival fosse una cosa seria. Pettegolezzi, maldicenze, accuse, fórse anche un paio di querele minacciate sulla vittoria troppo prevista. Italia 1, una settimana fa, mandava in onda il programma di Gianni Ippoliti «Perché i Pooh hanno vinto a Sanremo?». Un anno fa, una settimana prima della vittoria di Anna Oxa, lo stesso Ippoliti aveva condotto «Perché Anna Oxa ha vinto a Sanremo?». La sua è preveggenza, pura fortuna o informazione? I Pooh, si sa, possono aver vinto per un mucchio di motivi. Ad esempio, ed è l'ipotesi più probabile, perché la loro canzonetta era in definitiva la più bella, o una fra le più belle in una gara di canzonette a volte un po' piatte. Oppure perché qualcuno gliel'aveva promesso. O magari perché l'ondata stampa che li dava vincenti ha finito per condizionare il verdetto. Si potrebbe anche inventare che i Pooh abbiano trovato il modo di blandire duemila giurati telefonici con armi diverse dalla melodia in diretta tv, ma il risultato non cambierebbe. Lo spettacolo, fatto da loro, dagli altri e dalle papere della presentatrice, si è fatto, ed è quello che conta. Il Festival è uno show televisivo. Serve a divagare e divertire la gente, conquistare milioni di punti Auditel, reclamizzare le canzonette. Lo show non è una cosa seria, e la gara, la vittoria e le sconfitte fan parte dello show. All'inizio, negli Anni Cinquanta, gli organizzatori a un certo punto dicevano: «Noi siamo la giuria» e premiavano chi volevano. Poi le giurie sono diventate cose oscure e anche le relative polemiche sono en- trate a far parte del varietà. Claudio Villa vi intesseva il suo spettacolo personale a colpi di dichiarazioni di fuoco e visite ai giudici. Se le giurie lo scartavano, lui chiedeva di conoscerle. E le giurie non saltavano mai fuori. Era un po' come al Palio di Siena, dove nessuno osava mettere in dubbio la scorrettezza dei fantini e c'era perfino un momento rituale riservato alla reciproca corruzione. Prima della corsa, Paolo Frajese in tv ce lo mostrava dicendo: «Ecco, vedete: i fantini stanno mettendosi d'accordo a suon di milioni». Dopo la corsa, il fantino favorito che aveva perso troppo facilmente, doveva nascondersi per evitare le botte dei suoi contradaioli, furiosi neri con lui che si era venduto invece di comperare il fantino nemico. Passato qualche giorno, poteva tornare a farsi vedere per strada, tanto lo sapevano tutti che era così, tanto la vittoria non contava niente. A proposito: a che cosa serve vincere il Festival? Ad Anna Oxa, dopo la vittoria, è andato male «Fantastico». Il trio Morandi-Tozzi-Ruggeri si è sciolto, e per ricordare chi ha vinto l'edizione precedente bisogna sfogliare i giornali. I due cantanti più venduti dell'89, Vasco Rossi e Zucchero, sono arrivati penultimi in classifica nel corso di due diverse e recenti edizioni. Ora contano i miliardi. Il Festivalcne è stato comunque grandioso ed elefantesco come ci si aspettava. Hanno vinto i Pooh, come ci si attendeva. La Carinoci ha finito per chiamare Gianluca Guidi col nome di suo padre, come si aspettava per poterne ridere. Questo conta, il resto no. Stefano Pettinati SERVIZI A PAGINA 21

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