«Non privatizzerò il Nicaragua» di Mimmo Candito

«Non privatizzerò il Nicaragua» Dopo Ortega si profila un modello occidentale ma dalle forti risorse pubbliche «Non privatizzerò il Nicaragua» Parla Gurdiati, futuro ministro all'Agricoltura MANAGUA DAL NOSTRO INVIATO Dall'altra parte della frontiera, i 12 mila Contras flettono i muscoli. Il loro comandante fa la voce grossa: «Di lasciare le armi, per ora non se ne parla nemmeno». Questo Israel «Franklin» Galeano e gli altri suoi compagni sono gente che si è fatta sul campo di battaglia. Hanno poco a che fare con il vecchio stato maggiore, di politicanti agli ordini della Già. Quelli, ad ogni dito mosso da Washington, dicevano sissignore ed obbedivano; questi, i giovani colonnelli, sono più ruvidi, sanno poco di politica e di mediazione, conoscono solo l'intransigenza del linguaggio militare. Non è il solo elemento di novità, all'interno di un processo di transizione politica che è, anch'esso, senza precedenti nella storia. In dieci anni la Revolución del 19 luglio era diventata un modello, contestato da molti e osannato da altrettanti. Il sandinismo intendeva preservare un'economia mista all'interno del progetto di riscatto dal sottosviluppo. Ma l'astratto ideologismo d'avvio, e poi la brutalità dell'aggressione economico-militare, avevano finito per accentuare un indirizzo di stretto dirigismo. Ora dice Daniel Ortega: «Ci restano solo pochi giorni, dobbiamo affrettarci ad affrontare la nuova realtà». La ricerca del consenso si accompagna all'intransigenza verbale sulle «conquiste da difendere». Sono sempre più i giovani che disertano da un esercito messo pesantemente in discussione, e Daniel ordina di non perseguirli, di chiudere un occhio; poi però dice: «Chiunque pretenda di cancellare quello che abbiamo fatto in dieci anni scatenerà una guerra». La nazionalizzazione delle banche, la riforma agraria, la confisca e la ridistribuzione delle terre abbandonate e delle proprietà dei somozisti sono il lavoro più significativo di questi dieci anni che «non possono essere cancellati». Ma gli errori di gestione, il costo della guerra con i Contras (il ministero della Difesa per anni ha ingoiato il bilancio dello Stato), e l'embargo commerciale americano, che ha soffocato le finanze pùbbliche, hanno scatenato un'inflazione superiore al 1000 per cento e hanno ridotto del 92% il valore reale del salario. «Siamo tornati agli Anni Quaranta, mezzo secolo è stato perduto», mi dice Ramiro Gurdiàn, che sarà il nuovo ministro dell'Agricoltura. I nemici del sandinismo hanno il dovere di costruire il nuovo modello, ora che quello vecchio è stato sconfitto. Dice ancora Gurdiàn: «Il nuovo modello riprende, certamente, un progetto elaborato dal Cosep, la nostra Confindustria. Però alla base c'è solo il desiderio di rico¬ struire, non di distruggere». Gurdiàn è uno che conta, in un Paese dove il 60 per cento del prodotto nazionale viene ricavato dall'agricoltura; e lui è lo stesso che un paio di mesi fa si era battuto perché gli americani cancellassero l'embargo commerciale. «Sui 13 milioni di dollari che prendiamo con la vendita all'estero delle nostre vacche, 12 sono dell'impresa privata e solo uno dello Stato. Il risultato dell'embargo finisce così per distruggere il Paese, più che il governo sandinista». Ci sono voluti sei anni di embargo e di sfascio economico perché i nemici del Fronte facessero i conti con le scelte Usa. Ora, però, le loro decisioni sembrano disegnare uno scenario meno rigido del passato, un progetto cioè che, invece di lottare per abbattere il modello sandinista, gli si affianchi e ne utilizzi quanto è possibile. «Noi non diciamo più di privatizzare le banche, ma creeremo nuove banche private. E quanto alla riforma agraria e alle proprietà che lo Stato aveva confiscato, eviteremo di azzerare la situazione: privatizzeremo soltanto le aziende dello Stato, mentre per il resto daremo ai vecchi proprietari coupons d'indennizzo, con i quali acquistare le terre privatizzate». Il problema principale di questi due mesi non è però la scelta del modello economico, quanto il reperimento delle risorse. Prima delle elezioni, dona Violeta aveva promesso di salvare l'economia in cento giorni, ora dice che intanto si dovrà combattere l'inflazione, «e quanto a salvare l'economia — aggiunge Gurdiàn — ci vorranno almeno tre anni, e 600 milioni di dollari». Come i panamensi, anche i nicaraguensi ora sono andati a Washington a battere cassa. Ma hanno ricevuto solo parole. E si ripropongono i problemi politici. Daniel Ortega ha annunciato che annullerà la legge sui mass media e sulla censura, e ne farà approvare una che assicuri l'impunità per i delitti commessi nel tempo del governo rivoluzionario. Mimmo Candito

Persone citate: Daniel Ortega, Galeano, Ortega, Ramiro Gurdiàn

Luoghi citati: Managua, Nicaragua, Usa, Washington