Senza l'eredità per colpa delle Poste

Senza l'eredità per colpa delle Poste La Corte riconoscerà i diritti dei due fratelli, ma troppo tardi: uno è morto, l'altro ha novant'anni Senza l'eredità per colpa delle Poste Il ricorso alla Consulta impiegala anni da Torino a Roma ROMA. Tredici anni e mezzo per un viaggio da Torino a Roma. Tanto ha impiegato un'ordinanza del tribunale, che avrebbe dovuto investire la Corte Costituzionale di una disputa tra lo Stato e due anziani signori che rivendicavano l'eredità della sorella. Ora, dopo un'attesa durata diciotto anni, la Consulta potrà finalmente occuparsi della vicenda. Ma nel frattempo uno dei due aspiranti eredi è morto, l'altro ha più di novant'anni. L'ordinanza inviata dal tribunale civile di Torino il 2 marzo '76 è giunta a Roma, all'attenzione della Corte Costituzionale, l'8 novembre '89: ha impiegato addirittura tredici anni e mezzo per coprire la distanza che separa il capoluogo piemontese dalla capitale. E' un record negativo assoluto. Per di più il problema giudirico sottoposto all'esame della Consulta era stato già risolto undici anni fa, cioè durante il periodo in cui il fascicolo, alla velocità di una tartaruga, era in viaggio per Roma. L'Alta Corte era stata chiamata a pronunciarsi sull'ingiusta esclusione dei fratelli naturali dall'eredità della signora Marta Maggiolino, vedova Bongiovanni, deceduta a Torino il 23 novembre '64 all'età di sessantanove anni. In assenza del coniuge, dei figli o di altri parenti, le proprietà della donna (beni immobili a Torino e a Robella e un deposito di otto milioni in banca) dopo la morte furono divisi tra i suoi due fratelli naturali, Luigi Tarasio e Giulio Genovese. Entrambi, infatti, erano figli della stessa madre della signora Marta, cioè Clara Giuseppina O disio. Per legge, però, i due fratelli non avrebbero potuto ereditare nulla dalla sorella perché lo vietava espressamente l'articolo 565 del codice civile. Nel '72 lo Stato rivendicò così la proprietà di tutti i beni della signora Maggiolino. Ma, su opposizione dei legali di Luigi Tarasio e Giulio Genovese, il 2 marzo '76 il tribunale civile di Torino si rivolse all'Alta Gorte, ritenendo discriminatorio escludere i due fratelli naturali dalla successione della sorella. Gli atti furono quindi spediti a Roma. Ma, probabilmente a causa di un disguido postale, il plico è giunto nella capitale soltanto tre mesi fa, dopo un'attesa durata circa cinquemila giorni. Intanto, il 4 luglio '79, i giudici della Corte Costituzionale, occupandosi di un'identica eccezione sollevata a proposito di un'altra vicenda giudiziaria dalla Corte d'appello dell'Aquila, avevano già dichiarato l'incostituzionalità della norma del codice civile che escludeva i fratelli naturali dalla successione di un loro congiunto. La Consulta darà quindi ragione ai due fratelli. Ma solo il novantenne Giulio Genovese è ancora vivo (abita a Villadeati, un paesino in provincia di Alessandria). Per il fratello, Luigi Tarasio, invece, la sentenza della Corte Costituzionale giungerà troppo tardi. E' morto da alcuni anni. La metà dell'eredità della sorella passerà così ai suoi figli. [p. 1. f.)

Persone citate: Bongiovanni, Clara Giuseppina, Giulio Genovese, Luigi Tarasio, Marta Maggiolino