Bangkok molla i profughi khmer

Bangkok molla i profughi khmer CAMBOGIA Saranno chiusi i campi per i rifugiati Bangkok molla i profughi khmer TOKYO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Finora santuario dei guerriglieri cambogiani, la Thailandia annuncia di voler chiudere i campi-profughi da loro tenuti sotto controllo e trasferire i rifugiati in luoghi neutrali sotto l'egida dell'Orni p rimandarli a casa. Nel darne l'annuncio, il portavoce del primo ministro Chatichai Choonhavan ha aggiunto che si stanno prendendo contatti col governo di Phnom Penh sui preparativi per il rimpatrio, e per predisporre nuovi campi Onu per quelli che non volessero tornare. L'iniziativa appare fin d'ora di difficile, se non impossibile, attuazione, ma in termini politici essa esprime la più forte presa di distanza della Thailandia dai gruppi della guerriglia che combattono contro il regime installato a Phnom Penh nel 1979 dal Vietnam. Lo scopo è rompere la coalizione in cui malgrado forti contrasti si sono uniti i khmer rossi, Sihanouk e l'anziano ex primo ministro Son Sann; quindi isolare i primi e premere sugli altri due, non comunisti, a venire a patti con Hun Sen, capo del governo di Phnom Pen, negli ultimi tempi in parte sganciatosi da Hanoi e disposto a concessioni per la soluzione del problema cambogiano. La conferma di questa interpretazione è venuta dallo stesso portavoce il quale accennando all'insoddisfazione thailandese per l'insuccesso dei vari tavoli negoziali, l'ultimo dei quali a Giakarta la settimana scorsa, ha dichiarato: «Abbiamo finora fatto del nostro meglio per favorire discussioni verso proposte di pace, ma negli incontri delle due ultime settimane le due parti non hanno mostrato alcuna volontà di giungere a una soluzione». Il maggior ostacolo è costituito dalla preponderanza militare e politica dei khmer rossi nella coalizione anti-vietnamita, sostenuta dalla Cina e dall'Occidente. Questi è però contrario a un ritorno al potere dei khmer rossi, i quali negli anni in cui lo hanno avuto dal '75 al '79 hanno sterminato il loro popolo. I negoziati sono fermi a un consenso dei cinque Grandi e dei Paesi dell'Asean su un ruolo centrale delle Nazioni Unite in una fase transitoria sopra i tre gruppi guerriglieri più quello ora al governo in vista di preparare le elezioni. Ma i khmer rossi, armati dalla Cina, sviluppano la guerriglia per sbarazzarsi di Hun Sen e rimettere le mani sul Paese che hanno martoriato. Al potere da 18 mesi, Chatichai ha allentato il sostegno del suo Paese ai guerriglieri e aperto contatti da oltre un anno col Vietnam e Hun Sen, vedendo l'Indocina come un grande potenziale mercato e fonte di risorse per il suo Paese. Trecentomila rifugiati vivono in Thailandia al confine con la Cambogia. L'autorità sui campi, riforniti dalle Nazioni Unite, riflette le forze della guerriglia; Sihanouk e Son Sann,"militarmente deboli, ne hanno solo alcuni. In maggioranza essi sono controllati dai khmer rossi che impedendo l'accesso a stranieri, anche ai funzionari Onu, li governano con lo stesso regime di terrore che avevano instaurato a Phnom Penh, con arruolamento obbligatorio per i giovani nelle loro file guerrigliere. Solo tre dei loro campi sono aperti all'Onu, il cui personale, pur rilevando l'estremo rigore e l'inquietante ordine da terrore in cui sono tenuti, afferma che sono più organizzati di quelli degli altri, nei quali regnano criminalità e disordine. I khmer rossi dirottano a scopi militari gli aiuti umanitari mandati ai profughi da tutto il mondo; negli altri campi, i soccorsi arricchiscono bande di grassatori e prevaricatori. «Il piano di Chatichai — ha dichiarato un funzionario governativo—è anche sbarazzarsi della mafia creatasi in tutti i campi». La difficoltà della sua attuazione è nel fatto che molti profughi non vorrebbero tornare a casa, i khmer rossi avrebbero la forza per resistere e infine, non ultima, la Cina si opporrebbe, con una forte capacità di fomentare disordini. Tramite la Thailandia essa manda agli uomini di Poi Pot rifornimenti di armi. II segnale politico è comunque inequivocabile: Bangkok sta mollando la coalizione antivietnamita, mettendo da parte i khmer rossi e premendo su Sihanouk e Son Sann per unirsi a Hun Sen. Nell'attesa, lasciare in pace un regime come quello di Phnom Penh che, con la attuale linea sovietica, non costituisce più una minaccia per la Thailandia. Fernando Mozzetti