Qui lo dico e qui lo nego di Lietta Tornabuoni

Qui lo dico e qui lo nego Qui lo dico e qui lo nego e pure il ministro degli Interni e il capo di stato maggiore dell'esercito dicono e contraddicono, dichiarano e smentiscono, oggi affermano e domani si pentono, cosa dobbiamo pensare? Che simili personaggi, in sé e per il ruolo loro affidato, dovrebbero come; minimo controllarsi quando parlano, comportarsi meglio? Che l'hanno fatto apposta, per qualche loro scopo palese oppure segreto? Che dove siamo arrivati, che è inconcepibile, non è possibile, non ci credo e non posso crederci, che dove andremo à finire? Domenica a Verona, par-, landò con i giornalisti dei quattro delinquenti uccisi in gennaio dai carabinieri a Germignaga, il ministro Gava dice: «Quei sequestratori assassinati...». Brutto lapsus: «Assassinati»? Immediata autocorrezione, in: «Quelli che sono stati giustamente uccisi, che erano gentaglia, criminali abietti». Altro brutto lapsus, toppa peggiore del buco, di male in peggio, dalla padella nella brace. Lunedì, altra correzione in apposita intervista: «Non ho inteso dire "giustamente uccisi", non Volevo certo affermare il diritto di uccidere da parte di nessuno, io dinanzi alla morte m'inchino sempre, volevo dire che i carabinieri 'nanno ucciso' per legittima difesa...». Passa un giornoi i Martedì, arriva senz'altro la smentita cori relativa colpevolizzazione dei giornalisti, nel discorso all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Istituto superiore di polizia, con in più il racconto d'un patetico momento d'autobiografia infantile e un tocco mistico: «I miei convincimenti, religiosi e umani prima che politici, sono sempre per il rispètto della vita. Ho detto subito una preghiera per quegli uomini morti e non posso aver neppure pensato la frase che mi hanno attribuito i giornali». Pasticcio disastroso: non sarebbe più consigliabile fare attenzione a quanto si dice? Lunedì a Napoli, parlando dello sciopero della fame praticato dagli ufficiali dell'Esercito per protesta contro il mancato aumento 1 degli stipendi, il generale Corcione dice che, anche se non condivisibile nella forma* «la protesta è giusta». Critica il ministero del Tesoro per aver creato «un intoppo» che ritarda gli aumenti. Commenta: «Se non c'è una volontà persecutoria allora è stupidità, e questo peggiora le cose», dice che «la disattenzione nei confronti dei militari» da parte del governo è dovuta all'idea che nel nuovo assetto internazionale le forze armate abbiano perduto importanza. Fatte dal capo di stato maggiore dell'Esercito, sarebbero dichiarazióni tali da comportare dimissioni, mancate promozioni eccetera. Martedì, invece, prónta smentita o precisazione: i termini «stupidità» e «disattenzione» non si riferivano al governo, ma a un'eventuale errata visione della funzione dell'Esercito nel presente contesto mondiale. Pasticcio: ma almeno così il generale ha richiamato l'attenzione sul problema 'affrettandone la soluzione, ' ha avuto conferma che da i noi chi alza la voce, magarii anche sbagliando finisce per aver (quasi) sempre ragione. ANONIMO Se tra molte lettere anonime di dissenso o di minacce violente ne arriva qualcuna con nome e indirizzo, naturalmente rispondi: ti metti lì a scrivere, cerchi gli argomenti che ti sembrano più convincenti, tenti di spiegarti, copi la lettera a macchina, compri il francobollo, spedisci. Ma poi, piano piano, ai ritmi lenti delle poste italiane, parecchie di queste lettere, una dopo l'altra, tornano al mittente: quegli indirizzi, quei nomi che sottoscrivevano opinioni lealmente e apertamente sostenute, non esistono. Erano falsi. Lietta Tornabuoni III

Persone citate: Corcione, Gava

Luoghi citati: Germignaga, Napoli, Verona