Usa e Cee fanno muro sui chips
Usa e Cee fanno muro sui chips Insieme nel settore dei semiconduttori per contrastare l'avanzata giapponese Usa e Cee fanno muro sui chips Ibm parteciperà al programma europeo «Jessi» PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Si profila una nuova alleanza tra Stati Uniti ed Europa per contrastare l'irresistibile avanzata del Giappone sui mercati occidentali. Americani ed europei hanno deciso di collaborare nel settore dei semiconduttori (uno dei prodotti strategici per l'industria informatica e delle telecomunicazioni) fino ad oggi largamente dominato dai produttori del Sol Levante. L'Ibm, la grande multinazionale statunitense dei computer, parteciperà ad alcuni progetti selezionati del programma europeo Jessi, lanciato nel 1989 dall'italo-francese Sgs-Thomson, dalla tedesca Siemens, dall'olandese Philips. «Il Consiglio di Jessi — spiega Pasquale Pistorio, presidente della Sgs-Thomsori — ha valutato l'opportunità di far partecipare l'Ibm ad alcune iniziative, anche se la sua non sarà un'adesione vera e propria al programma europeo in quanto gli Stati Uniti non offrono agli europei il diritto di reciprocità nel campo della ricerca». A insistere per un coinvolgimento dell'Ibm sono stati soprattutto il governo di Bonn, per bocca del Cancelliere Kohl, e la Siemens, che ha già stretto, autonomamente, un'intesa di collaborazione con il colosso statunitense per lo sviluppo di alcune memorie. Anche se si tratta di un primo passo, l'accordo tra i produttori europei di semiconduttori e Big blue è comunque un passo importante nella strategia di contenimento e di replica dall'offensiva di Nec, Toshiba, Hitachi, i più agguerriti produttori giapponesi. Anche nel campo dell'informatica e dei semiconduttori, così come per l'auto in altri set¬ tori produttivi, gli europei chiedono misure severe contro i giapponesi. Insiste Pistorio: «I nostri prodotti sono usati dalle maggiori industrie elettrorìiche in Europa, sono all'avanguardia, ma in Giappone non riusciamo a venderli. Il motivo è che il mercato nipponico è un club chiuso, i giapponesi hanno un comportamento protezionistico». E allora cosa bisogna fare? «Noi europei dobbiamo iniziare a fare la voce grossa con Tokyo, come hanno fatto gli Stati Uniti. Washington ha mostrato i muscoli e le imprese americane hanno aumentato piano piano le loro quote sul mercato giapponese, lo stesso deve fare l'Europa». Se Tokyo non molla, nemmeno con queste pressioni, allora la Cee deve adottare altri provvedimenti. «L'Europa non è una fortezza chiusa, anzi, finora è stata apertissima — continua Pistorio —. Ma se Tokyo non cambia c'è il rischio che lo diventi». Le cose che bisogna fare, secondo il presidente della Sgs Thomson, sono tre: «I Paesi Cee devono evitare di farsi concorrenza fra loro per attirare gli investimenti nipponici; contenere le importazioni dal Giappone con quote e dazi; rafforzare le leggi anti-dumping». Nel frattempo le ultime statistiche mondiali confermano il dominio dell'industria giapponese di semiconduttori, chip, memorie, sistemi. Nel 1989 tra i primi dieci produttori al mondo, ben sei sono giapponesi, tre sono americani e uno solo, la Philips (al decimo posto), è europeo. La Sgs Thomson, joint venture tra due aziende pubbliche italo-francesi, è al dodicesimo posto. Rinaldo Gianola
Persone citate: Pasquale Pistorio, Pistorio, Rinaldo Gianola, Thomson
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