Strage di Natale, un pentito ritratta di Francesco La Licata

Strage di Natale, un pentito ritratta Accusa i carabinieri di averlo convinto a denunciare i legami tra mafia, camorra e neri Strage di Natale, un pentito ritratta «Inventai tutto, recitando la lezione preparata dai militari» I giudici di Firenze: le sue parole non contano, ci sono le prove ROMA. «Sono stato strumento consapevole di una montatura. Ho contribuito a creare un mostro da prima pagina, anzi, più mostri, per la verità». Parola di pentito. Così parla Antonino Gamberale, 37 anni, napoletano, ex trafficante di droga, adesso collaboratore di giustìzia sotto la protezione dell'Alto commissario. Chi sono i «mostri» da lui inventati? Nomi non nuovi alle cronache:il camorrista Giuseppe Misso, il capomafia siciliano Pippo Calò, Guido Gercola, malavitoso romano, e il deputato missino Massimo Abbatangelo. «Non so se questi signori siano colpevoli o innocenti, non me lo chiedo neppure. So di certo che sul loro conto ho inventato moltissime cose. Ho ripetuto una "lezione" che mi era stata preparata dai carabinieri, dal maresciallo Vergara e dal maggiore Sessa, del reparto operativo di Napoli». Il racconto di Gamberale prosegue: «Ho ceduto alle promesse di benefici, alle pressioni. Sono stati loro a preordinare, a tavolino, la "mia verità" sui collegamenti fra mafia, camorra e fascisti nell'inchiesta sull'attentato al rapido 904. Avevano bisogno di un pentito attendibile per mettere insieme questa mostruosità. Io gliel'ho consentito. E così ho utilizzato episodi veramente accaduti per accusare personaggi che, però, in quelle occasioni non erano presenti. Io non ho mai visto insieme Misso e l'on. Abbatangelo; Mis¬ so, Guido Cercola e Pino Calò». Nel 1968 Gamberale aveva offerto ai giudici di Firenze una collaborazione importante, anche se forse non decisiva per il verdetto finale. Al giudice Vigna aveva procurato un «puntello» a sostegno della tesi del complotto mafia-camorra-neri. Come? Denunciando l'esistenza di un precedente sodalizio, tra i personaggi chiave dell'indagine, che risaliva addirittura all'inizio degli Anni 80. Il pentito riferì una serie incredibile di particolari, tutti «riscontrati», come si dice in gergo giudiziario: la descrizione dei luoghi, le date, persino alcune testimonianze. Fece, insomma, una bupna impressione, Gamberale. Tanto che i giudici che mandarono all'ergastolo neri, mafiosi e camorristi scrissero: «Questo soggetto non apporta nessuna novità alle indagini svolte...», tuttavia la corrispondenza tra le sue rivelazioni e quanto precedentemente accertato «fa sì che le notizie fornite dal Gamberale assumano particolare importanza...». Ora invece il pentito ritratta tutto. Mentiva allora o mente adesso? Gamberale dice che la «verità» è solo quella che racconta oggi: «Sono mesi che cerco di rimediare all'unica mostruosità commessa in tutta la mia collaborazione», dice dal suo nascondiglio dove sconta gli arresti domiciliari (un appartamento messo a disposizione da Sica), parlando davanti al senatore Franco Corleone (chiamato con un telegramma) e a due cronisti. Ha scritto anche, al presidente della corte d'appello di Firenze e ai parlamentari del msi che sono andati a trovarlo in carcere. Ascoltiamo il suo racconto. «Tutto cominciò nell'88. Ero detenuto nel carcere di Ariano Irpino, insieme con gli altri pentiti. Uno di questi, Mario Incarnato, mi propose di collaborare coi carabinieri, aiizi avrebbe provveduto lui a mettermi in contatto. Pochi sanno, cosa accade in questi luoghi: collaboratori che si passano le notizie, che concordano tesi, visite continue di investigatori in cerca del "colpaccio' . Così una mattina venne a trovarmi il maresciallo Vergara: aveva il permesso per parlare con Incarnato ma vide me. Mi chiese se conoscevo qualcuno negli ambienti dei fascisti a Napoli. Subito non capii. Ma presto la richiesta si fece evidente: cominciò una serie di incontri e apparve anche il maggiore Sessa». Gamberale si ferma un attimo, poi riprende il suo racconto cercando nella memoria i particolari: «Potrei essere più preciso se avessi le carte processuali davanti», sostiene. Quindi riparla dei carabinieri: «Sessa e Vergara si presentarono col mio fascicolo: sapevano tutto di me e quello che avevo detto. Dissero che avevano bisogno di recuperare la faccia, dòpo che un loro ufficiale era stato accusato di aver protetto la latitanza di Misso. Volevano dimostrare che non guardavano in faccia nessuno. E così una serie di episodi da me riferiti nell'ambito del traffico degli stupefacenti furono ripescati e modificati inserendovi nuovi personaggi. Aggiunsi i nomi dell'on. Abbatangelo, di Calò e Misso, offrendo la prova che i tre erano in contatto. Per esempio: avevo raccontato di una mia permanenza a Palermo insieme con alcuni trafficanti, in quella villa di Gibilrossa, mi fu detto di aggiungere che c'erano anche Calò e Missù insieme. Il riscontro? La descrizione perfetta della villa, confermata anche dalla donna che mi accompagnava, i particolari del viaggio, la descrizione di alcune automobili. Chi poteva sospettare che io, pentito attendibile, mi fossi prestato a un gioco così sporco?». Gli episodi sui quali Gamberale avrebbe fornito la «versione precostituita» sarebbero almeno otto e tutti in danno di Abbatangelo (che afferma di non aver mai conosciuto) Calò e Misso, che ora, dopo le sue rivelazioni, potrebbero aspirare ad una revisione del processo, fin dall'appello appena cominciato. E' questo l'obiettivo di Gamberale? E quanto è sincera la sua crisi di coscienza? Da questa iniziativa, apparentemente non ha molto da guadagnare: potrebbe anzi perdere l'assistenza di Sica ed imbattersi in una denuncia per calunnia dei carabinieri. Ma chi può escludere che sia stato oggetto di pressioni o di ulteriori «promesse»? A questo punto, tuttavia, la vicenda.dovrà essere chiarita dalla magistratura. La quale, stando almeno ai giudici inquirenti dell'inchiesta sulla strage, non mostra particolari timori per il ribaltamento operato dal pentito. Il giudice Vigna, che fu pm in primo grado, non commenta ma lascia intendere che il processo non poggia su questo personaggio. I carabinieri tacciono, ma «si riservano iniziative». E Gamberale? Non è più nel suo rifugio. E' tornato in carcere. «Motivi di sicurezza», dicono. Francesco La Licata Il deputato del msi Abbatangelo è fra gli imputati del processo

Luoghi citati: Ariano Irpino, Firenze, Gamberale, Napoli, Palermo, Roma