Per il grande Pirmin l'ultima coppa prima dell'addio

Per il grande Pirmin l'ultima coppa prima dell'addio Zurbriggen a fine mese chiude Per il grande Pirmin l'ultima coppa prima dell'addio A chi gli chiedeva cosa vorrebbe diventare, una volta lasciato 10 sci, Pirmin Zurbriggen ha sorriso e risposto: «Un buon marito». Picchiava il sole, a Veysonnaz, e l'uomo dischiudeva appena gli occhi e rideva. Nella frase c'è tutto, almeno tutto quello che occorre capire: la famiglia, il sacrificio, la volontà. E la fede, ha detto lui, che l'ha sempre accompagnato e guidato e sorretto nella sua splendida avventura sugli sci. Pirmin Zurbriggen, 27 anni appena compiuti, vallese di Saas Almagell, domenica mattina ha vinto la sua quarta Coppa del Mondo eguagliando il record di Gustavo Thoeni che durava da 15 anni e a fine stagione darà l'addio alle gare. Ci mancherà molto. In nove anni di carriera ha disputato 234 prove di Coppa, vincendone 39, 11 combinate comprese. Solo Stenmark ha fatto meglio di lui. E solo Girardelh' come lui è riuscito a imporsi in tutte le specialità, il segno della classe pura. Ha conquistato l'oro in discesa ed il bronzo in gigante alle Olimpiadi di Calgary, e in tre Mondiali (Bormio, Crans Montana, Vail) ha vinto in totale 4 medaglie d'oro, 3 d'argento e 1 di bronzo. Ha ottenuto anche 7 coppe di specialità, con la possibilità di arrivare a quota 8 con il superG ancora da assegnare. E lascia a 27 anni, qualcuno sostiene che è una follia: ma solo la moglie Monika Julen, sorella di Max che vinse il gigante ai Giochi di Sarajevo, conosce la verità vera, lei che possiede le chiavi del cuore di Pirmin. Eppure la ricchezza delle cifre, che disegna il valore dell'atleta, non è sufficiente a spiegare la profondità dell'uomo e la grandezza del campione. Nel 1985, alla vigilia dei Mondiali di Bormio, Pirmin Zurbriggen si ruppe il menisco. Meglio, corse e vinse le due libere di Kitzbuehel con il ginocchio a pezzi e fu raccolto all'arrivo dall'elicottero e portato all'ospedale. Tre settimane dopo l'operazione, vinceva la discesa e la combinata ai Mondiali. Così nacque la leggenda. L'uomo di ferro, l'atleta indistruttibile, il campione dotato di forza, coraggio, dedizione, intelligènza, capacità di concentrazione. E tutto questo vissuto in famiglia, nel segno della fede e della tradizione. La sua vita privata, fuori delle gare, le piccole cose del quotidiano sono scandite da ritmi religiosi. Il pellegrinaggio a Lourdes ogni estate, la Messa prima di ogni corsa, le preghiere e le meditazioni nella quiete di Saas Almagell. Quando Giovanni Paolo II visitò Sion, il 14 giugno del 1984, Pirmin fu ammesso alla sua presenza. Ma era così emozionato che non riuscì a stringergli la mano, e il Papa gli regalò un rosario che il campione porta sempre con sé fra le nevi del mondo. Qualcuno, forse disturbato dalla perfezione del ritratto, ha tentato di rovinare il quadro. Ha detto e scritto che le giornate del campione non sono poi così bucoliche, che lui ama certo le passeggiate solitarie fra i monti ma anche il caviale e le auto di grossa cilindrata, che la gloria e il denaro, insomma, hanno un poco macchiato la purezza della sua immagine. Pirmin non si è arrabbiato. Lui è sempre molto garbato e cortese. «Sì, mi piacciono anche queste cose: però non significa che 10 sia cambiato dentro», ha risposto senza strilli, convinto di aver scelto la linea giusta, come sulle piste di discesa. Per la verità la famiglia resta 11 centro del suo mondo. Due sorelle, una, Heidi, che sta in Nazionale, un padre che ha smesso di sciare dopo la morte del fratello in un incidente sulle nevi, una madre che sta attaccata al telefono in attesa di una chiamata, dopo le gare, che divide ansie e gioie con il figlio, così introverso e sensibile malgrado l'apparente freddezza. Pirmin che ama la musica e gli spaghetti, che gioca a calcio per beneficenza, che pratica il golf: la scorsa estate, agli open svizzeri di Crans Montana, ha persino fatto coppia con Severiano Ballesteros. Chi l'ha visto giura che è molto bravo. Carlo Coscia

Persone citate: Carlo Coscia, Giovanni Paolo Ii, Gustavo Thoeni, Monika Julen, Pirmin Zurbriggen, Severiano Ballesteros, Stenmark

Luoghi citati: Bormio, Sarajevo