Violenza, un virus curato solo a parole di Gian Paolo Ormezzano

Violenza, un virus curato solo a parole Domani il calcio italiano torna all'Heysel, dopo cinque anni che l'Europa ha sprecato malamente Violenza, un virus curato solo a parole Oggi l'incontro Gava-Matarrese A maggio sono cinque anni dall'Heysel, dal mai più, plus jamais, never more, nunca mas, come titolarono giornali di tutto il mondo. Da quella sera sono morti, ancora più in massa, quelli di Sheffield, si può morire ogni giorno di calcio, anche in Italia, dove è strano, è casuale che da allora ne siano morti appena tre direttamente da partita, ancorché fuori stadio: due a Milano e uno ad Ascoli. Questa nostra indagine è anche una celebrazione: dei morti, visto che torna allo stadio Heysel una squadra italiana, il Milan, e la ricorrenza colpisce, e del niente che anche da noi è stato sino a poco tempo fa deciso ed attuato contro la violenza (e comunque oggi ci sarà un incontro fra il ministro dell'Interno Gava e Matarrese per portare avanti il discorso. Aspettiamo). Si è discusso su come cambiare a monte la società, e già che ci siamo anche il mondo. Troppa grazia, intanto si picchia, si muore. Oggi Canale 5 manda in onda, ad aprire un dibattito sulla violenza calcistica, un assassinio di un tifoso, filmato da una telecamera montata su un camion della polizia (dopo Chelsea-Manchester United, muore uno di Manchester). Documento come si dice agghiacciante: ma è una morte che potrebbe scaturire da tante partite, da tante tifoserie. L'esclusione di teppisti, appartenenti a elenchi da tempo già noti, dagli stadi domenicali è un provvedimento concreto di questi ultimi tempi. Ora aspettiamo lo scatenamento dei garantisti, già in qualche modo preannunciato. O dei corporativisti: quelli che dicono, sì, da noi si pecca, ma guardate quanto si pecca altrove. Non si è fatto niente, si sta facendo poco, e comunque ci sono voluti striscioni «politicizzati», in qualche modo extra- calcistici (il Nord contro il Sud, anche se magari fra i «milanesi» che insultano i napoletani ci sono tanti meridionali, oppure l'evviva Hitler), per innescare quel poco. Ma come entrano allo stadio striscioni che hanno ognuno un ingombro come un elefantino? Noi continuiamo a ritenere che, rispetto al potenziale, il calcio patisca pochi, pochissimi morti. Ma ci spaventa la violenza non mortifera, che è tanta. Ci spaventa la violenza crassa, non ragionabile: scriviamo così perché, contrariamente ai sociologhi laureati che sanno comunque tutto, andiamo in curva a vedere e studiare almeno qualcosa. Si continua a parlare di prevenzione, quando non si sa bene cosa fare come repressione, come legittima difesa. O lo si sa, ma non lo si fa: peggio ancora. O lo si vorrebbe fare, ma non si può: mancano gli agenti per gli straordinari domenicali, diffi¬ cile spiegare ad un giovane che deve andare a rischiare la pelle per impedire che altri giovani come lui, però cretini, si ammazzino di botte. L'Heysel cinque anni fa servì a scoprire il verminaio. Da allora sono pullulati gli studi. In Italia, studi compiaciuti: noi non siamo ancora a quel punto. In Inghilterra, studi rassegnati: vediamo quel poco che si può ancora fare. Intanto si dibatte, e ci dibattiamo. Si va in tribuna a provare «le frisson», quando in curva scoppia la rissa. Chi dice che i prezzi del football sono alti? Per vedere nelle città cinesi nefandezze sorelle, gli europei, i bianchi del «Giardino dei supplizi» di Mirabeau pagavano con una vita disagiata, lontani dalla madre patria. Con centomila lire c'è il posto a sedere per vedere il razzista, il cretino, il violento, la vittima. Gian Paolo Ormezzano La furia e il dolore. La violenza sugli spalti e, qui sotto, le agghiaccianti immagini dell'Heysel, il 29 maggio 1985

Persone citate: Gava, Hitler, Matarrese, Sheffield

Luoghi citati: Ascoli, Europa, Inghilterra, Italia, Manchester, Milano