«In letargo nella trappola di ghiaccio»

«In letargo nella trappola di ghiaccio» I due sciatori di Chamonix per sei giorni prigionieri della bufera sul Bianco: «Ci sentivamo morire» «In letargo nella trappola di ghiaccio» Come casa un buco nella neve CHAMONIX DAL NOSTRO INVIATO «Elle revient de loin», dice Jacques Foray, chirurgo e uno dei più grandi esperti di malattie da congelamento. Chi «ritorna da lontano» è Marie-Antoinette Meynet, 31 anni, impiegata: è rimasta sei giorni sul Monte Bianco in una sorta di igloo costruito intorno a un larice, senza cibo e con un equipaggiamento approssimativo. Con lei era Philippe Bensimon, 34 anni, titolare di un'agenzia pubblicitaria a Chamonix. Sono stati salvati sabato: erano in stato d'incoscienza, la temperatura del loro corpo scesa a 26 gradi. Ieri i medici dell'ospedale di Chamonix li hanno dichiarati «fuori pericolo». Per ora soltanto la donna riesce a parlare, le condizioni di Bensimon sono ancora gravi. «Fra qualche giorno dovremo decidere se sia necessario o meno amputargli le dita dei piedi», dice Foray. I due amici di Chamonix erano come in letargo: il freddo aveva rallentato tutte le loro funzioni vitali. Sei giorni a meno 20 gradi, in mezzo a una tempesta di neve, ai piedi del Monte Bianco, vicino al ghiacciaio della Mer de Giace. Erano lì da domenica 25 febbraio quando sono stati sorpresi dalla bufera: raffiche di vento a quasi 200 chilometri di velocità, turbini di neve, visibilità di pochi metri. «Andare avanti era impossibile — racconta ancora MarieAntoinette — non riuscivamo neppure a vedere le punte degli sci». Parla a fatica, è costretta a fare lunghe pause. «Fino a venerdì, almeno credo fosse venerdì, eravamo sicuri di farcela. Faceva un freddo terribile, ma eravamo certi che i soccorsi ci avrebbero trovati». Poi, improvvisa, la disperazione. «Sì — ricorda la donna — Il freddo, la fame, le labbra gonfie per aver mangiato neve. Non sentivamo più piedi e mani. Non riuscivamo quasi più a muoverci. Ho pensato: "E' finita". Poi non so dire quanto tempo sia passato. Mi sono risvegliata qui, in questo letto». Marie-Antoinette Meynet è meno grave di Philippe Bensimon perché è sempre rimasta rincantucciata in fondo all'«igloo». Lui, invece, andava avanti e indietro: le orme che ha lasciato nelle neve indicano che ha sfidato la tempesta per poter individuare la via verso Chamonix, ma non ce l'ha fatta. Sabato, dall'elicottero della Gendarmerie, lo hanno visto seduto e sprofondato nella neve quasi fino alle ascelle, poco distante dal riparo accanto al larice. Era lì da alcune ore, da quando forse aveva sentito volare l'elicottero che li cercava: l'ultimo tentativo di segnalare la loro presenza in quella macchia di pini tra neve e ghiaccio. «Terrible», mormora Marie- Antoinette. I due amici di Chamonix erano partiti alle prime ore del pomeriggio di domenica 25 febbraio. La meta era il Pas de la Chèvre, un colle a 2700 metri di quota sulle pendici del Monte Bianco. E' un intinerario per chi vuole fare del fuori-pista con gli sci. Dopo essere saliti con la funivia ai Grands Montets si segue un costone, poi si scende a picco su Chamonix. Una zona splendida, il ghiaccio e la neve finiscono fra i larici. La bufera ha fatto perdere l'orientamento a Philippe, buono sciatore, che ha compiuto parecchie volte la gita. Scendere in mezzo alla tempesta è quasi un suicidio perché Suscita» del pendio sul ghiacciaio della Mer de Giace (su cui si compie l'ultimo tratto di discesa prima di raggiungere Chamonix) è obbligata: un canalone stretto fra le rocce strapiombanti. Philippe lo sa e per questo decide di fermarsi. Con Marie-Antoinette costruisce 1'«igloo»: appoggiano gli sci a un larice, poi li ricoprono con neve e rami. Non hanno da mangiare (la loro gita doveva durare soltanto qualche ora). Non hanno fatto i conti con il tempo e rimangono sei giorni nel piccolo capanno a masticare gomme americane e neve, fino a quando una schiarita non consente ai soccorsi di scovarli dall'elicottero. Enrico Martine! La donna in ospedale a Chamonix «E' stato un miracolo»

Persone citate: Enrico Martine, Jacques Foray, Meynet, Philippe Bensimon