«Il 18 sgomberiamo le facoltà» di Francesco Grignetti
«Il 18 sgomberiamo le facoltà» Gli studenti decidono di lasciare gli Atenei e discutono come trattare col governo «Il 18 sgomberiamo le facoltà» Ma il giorno prima manifestazione nazionale FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO La Pantera ha quasi deciso: entro dieci giorni si sgomberano le facoltà. Ma non prima di tenere una manifestazione nazionale (sabato 17, a Roma o a Napoli) e una settimana di «mobilitazione» in tutte le città. Gli studenti si preparano al gran finale: assemblee in piazza, sitin nelle strade, blocco delle stazioni, autoriduzione nelle mense universitarie, concerti, occupazione dei monumenti, delle biblioteche e dei musei. Queste le proposte emerse a Firenze, ora al vaglio delle assemblee di facoltà. Il «movimento», insomma, fa la voce grossa prima di abbandonare le occupazioni. Non vuole dare l'impressione di capitolare. Alle perentorie richieste dei rettori risponde con gli ultimatum: ritiro del disegno di legge Ruberti e abrogazione di parte della legge che sancisce l'autonomia degli atenei. In caso contrario sarà guerra ad oltranza. «Il passaggio da una occupazione totale — scrivono — ad altre forme di lotta non significa smobilitare». E infatti, già a partire dal 19 marzo — giorno indicato per il ripristino delle lezioni — è probabile che possano partire altre fantasiose forme di protesta, quali uno sciopero della fame in simultanea, sit-in a ripetizione davanti a prefetture, aeroporti, cantieri legati ai Mondiali di calcio. C'è anche chi propone di congestionare i terminali del Parlamento e del Quirinale con telefonate e fax. Oppure chi pensa a una protesta più «colorita»: distribuzione di palloncini ai bambini, mostre cittadine, costruzione di un aerostato. E se i rettori insisteranno nel chiedere il ritorno alla normalità? «Risponderemo con manifestazioni a livello nazionale — rispondono — autodenunce alla magistratura in caso di comunicazioni giudiziarie, sit-in davanti alle Questure qualora si verificassero cariche della polizia». Non manca l'immancabile ricorso al fax, che dovrebbe «sommergere» di proteste le linee telefoniche del malcapitato rettore. La manifestazione nazionale del 17 marzo, nelle intenzioni dei portavoce, dovrebbe segnare la nascita di una nuova Pantera, non più chiusa nelle facoltà, ma sostenuta dai lavoratori. Lanceranno un appello, infatti, ai sindacati confederali, ai Cobas e a tutte le forme di «autorappresentanza» perché sia indetto uno sciopero generale in appoggio alle richieste studentesche. Soltanto a partire da quel momento inizierà la trattativa con il governo. E' scontato infatti che verrà costituito un coordinamento nazionale di tutti gli studenti, formato da un rappresentante per ateneo. Non è però chiaro — e lo decideranno nei giorni prossimi — se si tratterà di una struttura soltanto tecnica, oppure avrà compiti anche politici. Nel secondo caso, nascerebbe una sorta di «direzione politica» che incontrerà il ministro e le istituzioni che hanno invitato gli studenti a presentare le loro richieste. Ci sono però in ballo anche due proposte estreme: una movimentista, che non vuole alcun coordinamento, e un'altra para-sindacale, che propone di fondare un'associazione con statuto e dirigenti. Sarà quindi interessante vedere su quali basi si aprirà la trattativa con le istituzioni. L'assemblea nazionale si è divisa in quattro commissioni (nuova università, diritto allo studio, forme di lotta, aperture sociali) che hanno prodotto due docu¬ menti, uno più radicale e uno più morbido. Si vedrà quindi, dopo le assemblee nelle 150 facoltà occupate, se prevarranno i falchi o le colombe. C'è stata spaccatura, ad esempio, sulla scelta della non-violenza: i delegati di Cagliari, e di moltissime altre facoltà italiane, hanno preteso che il movimento si dichiarasse «ora e sempre nonviolento»; i portavoce napoletani, invece, rifiutano di dichiararsi: «Riteniamo di non dover presentare patenti di non-violenti e legalitari a nessuno, tantomeno agli esponenti di quel potere che mostra ogni giorno il suo carattere repressivo e violento». Si sono divisi anche sul rapporto con i capitali privati. «Riteniamo che sia impossibile — sostengono i radicali — qualsiasi forma di controllo del privato all'interno dell'università, dato il carattere multinazionale delle imprese interessate». Tono del tutto diverso tra le colombe: «L'interazione tra università e privato — scrivono — deve avvenire secondo gli indirizzi di ricerca dei dipartimenti». Hanno dettato, questi ultimi, anche le loro condizioni: tetto percentuale per i finanziamenti privati, trasparenza delle convenzioni, pubblicità dei risultati, proprietà pubblica dei brevetti ma con sconti per gli enti finanziatori del progetto. Francesco Grignetti
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