Vita da reclusi, per protesta
Vita da reclusi, per protesta La frazione San Cesareo vuol diventare Comune, da 3 giorni barricate in strada Vita da reclusi, per protesta In provincia di Roma, ottomila abitanti: scontri con la polizia, feriti, cinque giovani arrestati «Il sindaco ci ha dimenticati, non lo riconosciamo più e martedì marceremo sulla capitale» ROMA DALLA REDAZIONE Al venticinquesimo chilometro della via Casilina, i carabinieri fermano le auto: «Non si può proseguire». La strada è bloccata dagli abitanti della frazione di San Cesareo, in rivolta da 3 giorni. Tre chilometri dopo l'aria incomincia a puzzare di copertoni bruciati, fiammelle e fumo si levano da una catasta di traversine di legno: l'accesso al paese è impossibile, i posti di blocco sono sette. Alle prime case, su un bidone della spazzatura, un grande cartello: «Volemo il Comune». Intorno, la gente: di tutte le età, di ogni partito, tutti ugualmente infuriati. Vogliono l'autonomia da Zagarolo, vogliono diventare comune autonomo. Ma il Consiglio dei ministri — dopo una relazione di Maccanico che ha rinviato tutto alla Regione — mercoledì sera ha mandato, almeno per ora, in fumo la loro speranza. Sembra una storia piccola piccola, una storia di campani¬ lismo e di beghe locali. Ma la rivolta offre la possibilità di mettere a fuoco un microcosmo che si trova alle porte di Roma e che vive di un'economia agricola fiorente, con cooperative, frutta e verdure esportate in tutto il mondo. Insieme con altri quattro piccoli centri, San Cesareo fa parte del comune di Zagarolo, paesino (di 3800 persone) che si trova a tre chilometri di distanza. A San Cesareo abitano 7800 persone (eleggono 11 consiglieri comunali su 30). Il sindaco è de. La giunta dc-pci. Ma la diversità fra Zagarolo e San Cesareo sembra abissale. Il primo ha un centro storico famoso. Il secondo — sorto nel Medioevo attorno a un castello dei Principi Colonna, e distrutto dai Corsini nel XIV secolo — per secoli è stato cancellato dalla storia. La sua ricostruzione è recente: del 1928, quando fu data una dimora stabile a quei lavoratori stagionali che venivano da Capranica Prenestina e per alcuni mesi l'anno vivevano in capanne. «A Zagarolo ci chiamano an¬ cora i capannari» denuncia una ragazza. «Ma noi lavoriamo, abbiamo uva, kiwi, pesche, una zona industriale, idee, voglia di fare. Il nostro è un paese che produce. A Zagarolo non si fa niente» dice una donna. «Però — urlano in tanti — Zagarolo prende per sé tutti i finanziamenti. Si è rifatto la pavimentazione e l'illuminazione stradale. Ha una palestra, l'asilo nido, i pullman per portare a scuola i bambini della campagna. Ha appena costruito case popolari. Ha portato l'acqua anche in campagna. Mentre noi ce la siamo dovuti portare in casa a spese nostre, anche chi abita a 300 metri dalla piazza. E la palestra non è mai stata finita. E l'asilo nido non c'è. E la rete fognaria della zona industriale manca. E di case popolari neanche l'ombra...» L'elenco delle malefatte degli amministratori comunali ai danni di San Cesareo è lunghissimo. Parlano tutti insieme. E confondono partiti, istituzioni. Il sindaco? «E' de» dice uno. «No, è psi» dice un altro. Chi è stato a far slittare l'approvazione del decreto di autonomia, dopo un referendum popolare svoltosi a dicembre, e che ha dato l'87,2 per cento di sì? «Il Parlamento». «Ma no, la Camera». «Un ministro repubblicano, Maccanico». E c'è un partito che appoggia o contrasta questa separazione da Zagarolo? «I partiti sono tutti uguali. E gli uomini che vanno in Comune ad amministrare sono tutti corrotti. Pensano a se stessi. Pensano a chi gli fa pressione. E' sempre stato così. E non solo qui», gridano i più giovani. La rivolta ha già avuto le sue vittime: dopo una carica della polizia, 5 giovani sono stati arrestati, un ragazzo è stato colpito alla testa, una donna incinta ha abortito. E ora? «Si continua. Martedì andiamo tutti con 20 pullman a Roma, alla Regione. Lì, a gennaio, ci hanno dato ragione. Adesso si sbrighino a riesaminare la cosa». Il tempo è prezioso. Secondo le norme in discussione sulle autonomie locali, un Comune deve avere almeno 10 mila abitanti.
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