Ray Charles, vincitore ad honorem di Marinella Venegoni

Ray Charles, vincitore ad honorem SAM) ir 1951 -1990: FESTIVAL DELIA CANZONE ITALIANA Stasera si conclude il Festival di Sanremo: i risultati nella notte dopo 4 ore di diretta tv Ray Charles, vincitore ad honorem Ieri parata di stranieri, Novità, irruzione sul palco SANREMO DAL NOSTRO INVIATO Non è la prima volta che succede e non sarà neanche l'ultima. Antonio Cianci, abruzzese, trentasettenne, aderente alla setta romana Riavvicinamento, è riuscito chissà come a salire fin sul palco del Festival, ha strappato il microfono a Dorelli, che stava intrattenendo Papa Winnie e Salvi, e ha cercato di parlare. Mentre Salvi, stupito subito scherzava: «Chi è? Aragozzini?», Dorelli è stato svelto a riprendersi il microfono, ma Cianci gli ha fatto male al polso nel tentativo di riprenderselo ancora; ha però perso la partita ed è stato allontanato, la polizia lo ha poi interrogato a lungo: «Sono un verde» ha spiegato subito. L'episodio ha preceduto d'un soffio l'arrivo del vincitore o trionfatore morale del Festivalone. Naturalmente non italiano e non in gara: ieri séra, il vecchio mago Ray Charles ha conquistato tutti con la sua interpretazione dolente e blues di una tipica canzone all'italiana, «Gli amori», scritta e cantata in gara da Toto Cutugno. Il quale, grazie al suo partner di lusso, appare ormai il candidato vincitore e ha scalzato di brutto i Pooh dati per teorici vincenti già prima dell'inizio della competizione; ma certo non è un caso che anche loro abbiano una deliziosa «abbinata», Dee Dee Bridgewater, che ha eseguito in modo perfetto la loro «Uomini soli». Bella e brava. Ieri è stato il trionfo dello straniero, Maradona compreso, ospite a sorpresa del Palafiori. Belle o brutte, le canzoni in gara sono state lasciate nelle mani di vecchie glorie e sconosciuti arrivati all'ultimo momento, che le hanno reinterpretate, rivoltate e filtrate con la loro cultura e la loro sensibilità. E' stato un esperimento interessante ma non sempre ben riuscito, per fortuna: perché sennò, che cosa sarebbe della patria del belcanto? Il povero messicano Mijares, per esempio, ha massacrato dì retorica e acuti quel pezzo di bravura che dev'essere «La Nevicata del '56» della Martini: come se lui fosse Cutugno, con Mimi Martini trasformata in Ray Charles; e con gli America «Io vorrei», il brano già infelice di Sandro Giacobbe, è diventato una romanticata melensa alla Nashville. Nel confronto, qualcuno è rimasto immobile: per esempio Valeria Lynch, che nulla ha aggiunto o tolto all'ineffabile Reitano, mentre i Kaoma, che sono simpaticissimi, si sono limitati a rallegrare la lambada di mada^ ma Oxa, che quando canta non si permette mai di divertirsi. Eddie Kendrick ha ritmato il più possibile «Amore» di Christian: ma neancheun ex Temptation può fare miracoli. La Toya Jackson (sorella di) ha reso hollywoodiano il brano dei fratelli Bella. La partenza degli stranieri era cominciata alla grande. Rod Stewart con quello stupendo brano che è «Downtown Train» di Tom Waits, non c'entrava niente con gli abbinati alla gara, l'elenco è stato invece aperto dall'intensa Nicolette Larson nel raffinato brano di Grazia Di Michele, mentre subito dopo Leo Sayer ha stravolto in senso meno retorico «Tu...Sì...» di Mango. Sandie Shaw ha tolto teatralità a «Io sono felice» di Milva, e l'ha fatta diventare una canzone, mentre ambiva essere qualcosa di più. Degli altri, sono da segnalare in primis la mitica Miriam Makeba, con la sua elegante versione impegnata della canzone della Caselli; subito dopo Sarah Jane Morris, la «negra rossa» che ha fatto piacere il brano di Fogli; infine Toquinho con le atmosfere di bossa nova sul brano della Turci e i Moncada solari nella loro versione caraibica di «Novecento Aufwiedersen» di Bennato/Esposito. La serata di ieri era cominciata senza banda di Sanremo come sigla; il sindacone Pippione ha voluto pubblicizzare i fiori della megahall (pare però che vengano da Napoli). Poi, intercalata dalle ormai proverbiali gaffes della Carlucci (che ha chiamato Giorgio Guidi il figlio cantante di Dorelli, Gianluca) la parata di «Novità», cioè i dieci giovani sopravvissuti alle eliminatorie delle giurie telefòniche, questa volta Telecontatto. Ogni anno, ci si chiede chi siano quelli che rispondono al telefono; ogni anno, è previsto e succede che venga scartata gente che dovrebbe rimanere a galla, come questa volta Maurizio Della Rosa o Sergio Laccone, mentre c'è da giurare che entrino (e infatti poi entrano) altri che non potranno mai andare oltre un'apparizione fortunosa. Misteri destinati a rimanere tali. Per fortuna, ha vinto Marco Masini, la cui voce in «Dispera¬ to» ha conquistato tutti. Peccato che De Razza sia rimasto fuori della rosa dei premiati. A tarda sera, si è avuta la sorpresa del riascolto delle Lipstick, gruppo di simpatiche ragazze quasi metallare in stile borgataro ingiustamente eliminate, che hanno potuto ricantare sostenendo di aver avuto la prima volta problemi tecnici. Ormai però l'attenzione è pronta a spostarsi sui sondaggi telefonici che determineranno la vittoria finale di stasera. Duemila persone di tutta Italia, dai 15 anni fino a quanto si può vivere, dal più alto Nord al più profondo Sud, con tanto di riserve in caso di indisposizione telefonica, sentiranno squillare a una certa ora e risponderanno con tre nomi. Un minisondaggio effettuato ieri pomeriggio fra i giornalisti, cercando di tener presenti i gusti del cosiddetto «pubblico medio» (che forse non esiste) ha visto in testa naturalmente Cutugno, seguito a pari merito da Pooh e Mia Martini, con al terzo posto Anna Oxa. Ma per stanotte, nella maratona che aspetta tutti i volonterosi pronti a passar quattro ore davanti alla tv, i pronostici saranno il ricordo divertito di un casalingo gioco di società. Marinella Venegoni Tre protagonisti del Festival. Ray Charles con Cutugno, candidato per la vittoria. Al centro Miriam Makeba che canta «Give Me a Reason», in coppia con la Caselli

Luoghi citati: America, Italia, Mango, Napoli, Sanremo