Verdi divisi, mancano i soldi
Verdi divisi, mancano i soldi A Cortona il «Sole che ride» discute l'unificazione con i cugini di Arcobaleno Verdi divisi, mancano i soldi Circa tre miliardi per finanziare i referendum ROMA. L'ultima grana riguarda i soldi per la campagna referendaria contro i pesticidi e la caccia. Le associazioni ambientaliste hanno chiesto 4 miliardi di lire, mentre le liste verdi non vogliono concedere più di un miliardo e mezzo. 1/altra sera nella sede di Kronos 1991, i due portavoce del «Sole che ride», Carla Rocchi e Gioconda De Santis, si sono trovati alle prese con i rappresentanti inferociti delle grandi associazioni ecologiste (dal WWF a Italia Nostra, dagli Amici della Terra alla Lega anticaccia), che hanno minacciato di scomunicare l'intero movimento se non saranno esaudite le loro richieste. Così, la guerra dei soldi rischia di dare un ultimo colpo alla credibilità di un movimento sempre più diviso in partitini e gruppetti. «Sui referendum — tuona Fulco Pratesi del WWF — rischiamo il fallimento: dopo venticinque anni di lavoro nell'ambientalismo a spese nostre, ora vogliamo indietro i soldi per fare una battaglia fondamentale». Una richiesta che mette in grave imbarazzo i loro interlocutori anche perché le risorse rischiano di non esserci. Nei primi tre anni della legislatura, infatti, le liste verdi hanno incassato di finanziamento pubblico più di 8 miliardi e mezzo, dei quali 5 miliardi e 176 milioni sono stati in parte spesi e in parte congelati in iniziative particolari come l'Ecoagenzia, l'Ecobanca, l'Ecoistituto. Progetti che finora non sono partiti. La gestione dei fondi oltre a non essere piaciuta alle associazioni («C'è stata la polverizzazione delle risorse» spiega Renata Ingrao della Lega Ambiente), non ha soddisfatto neanche molti dei parlamentari. «Il rapporto con i soldi — dice Gianni Mattioli — è sostanzialmente pulito, ma non vengono spesi. E' la solita storia, i verdi hanno scoperto la politica e, quindi, prima di partire un'iniziativa è sottoposta a tanti interrogativi: sarà gestita dai verdi filosocialisti? O da quelli filocomunisti? «E alla fine — conclude Mattioli — rischia di impantanarsi». L'intero movimento, comunque, si dibatte in un mare di problemi. Oggi a Cortona c'è l'ennesima assemblea dei verdi del «Sole che ride» per decidere dell'unificazione con i cugini «verdi arcobaleno». Da una parte i moderati, l'area filosocialista, guidata da Rosa Filippini che ha stretto una strana alleanza all'interno dei verdi arcobaleno con Mario Capanna («L'unica ragione è che Mario tenta ancora di fare la prima donna» commenta ironico Massimo Scalia); dall'altra c'è il sodalizio tra Mattioli, Scalia e Amendola, che ha come riferimento nell'altro gruppo Francesco Rutelli e i dp Ronchi e Tamino. Questi ultimi se l'unificazione non andrà in porto, sono pronti a promuovere tutti insieme un'assemblea di rifondazione del movimento. «Chi è d'accordo verrà con noi» è la speranza di Scalia. Di certo l'intero movimento ambientalista ha poco tempo per risolvere le proprie contraddizioni. I passi in avanti sono pochi e ogni giorno scoppiano nuovi casi (ieri si è dimessa la deputata Franca Bassi sparando a zero contro «il degrado della politica verde»). E intanto i partiti tradizionali continuano a lavorare ai fianchi gli ambientalisti: c'è il ministro Paolo Cirino Pomicino che invita a cena sei parlamentari verdi spronandoli a chiedere, quando sarà il momento, di entrare nel governo; c'è il vicesegretario socialista, Giulio Di Donato, che parla a Francesco Rutelli di ministeri. E alla fine, come spesso av: viene, qualcuno cede: come Maria Grosso, parlamentare verde, che alle amministrative patrocinerà «le liste verdi moderate», insieme al deputato del psi, Giulio Camber. Augusto Minzoiini
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