«Rimettete ordine in casa»

«Rimettete ordine in casa» «Rimettete ordine in casa» DeMichelis a Belgrado: solo così vi aiuteremo BELGRADO. Una «rimessa in ordine» della situazione interna jugoslava è la condizione perché questo Paese, che si dibatte in una crisi economica gravissima, possa beneficiare della solidarietà e dell'aiuto dell'Occidente, e dell'Italia e della Cee in particolare. Questo, in sostanza, il consiglio che il ministro degli Esteri italiano Gianni De Michelis ha dato ieri a Belgrado ai suoi interlocutori jugoslavi, primo tra tutti il presidente della Repubblica Serba, Slodoban Milosevic. Giunto a Belgrado nel pomeriggio dalla Bulgaria, De Michelis ha avuto colloqui oltre che con Milosevic — che ha incontrato per la prima volta da quando è ministro degli Esteri — con il primo ministro sloveno, Dusan Sinigoj, e con il primo ministro della federazione Ante Markovic. In serata, prima di ripartire per Roma, De Michelis si è incontrato anche ■ con il collega Budimir Loncar. «La mia impressione è che ri¬ spetto a qualche mese fa la situazione sia migliorata» ha detto De Michelis, per il quale però «ci sono perplessità che devono essere fugate sia sul piano economico sia su quello delle riforme politiche e istituzionali». «Senza chiedere niente — ha detto De Michelis in una conferenza stampa dopo i colloqui — noi auspichiamo che la Jugoslavia continui ad avanzare nella direzione della costruzione di una piena democrazia pluralistica nel pieno rispetto dei diritti umani». I dirigenti jugoslavi devono, ha detto De Michelis, «fare un'analisi dei costi e dei benefici»: cioè valutare quali misure interne possono portare loro la solidarietà internazionale e quali comportamenti — il riferimento al Kosovo è parso evidente — possono respingerla, tenuto conto anche del fatto che i governi occidentali non possono ignorare le loro opinioni pubbliche. La preoccupazione che la Ju¬ goslavia (il primo Paese gravitante nell'orbita dell'Unione Sovietica ad avviarsi in anni già lontani sulla via delle riforme) possa ritrovarsi, a causa delle difficoltà interne, in coda alla lista dei Paesi dell'Est dove sono in atto cambiamenti politici ed economici, è molto sentita negli ambienti occidentali, soprattutto in Italia, il Paese che più di ogni altro si è schierato a fianco della Jugoslavia con impegni sia bilaterali sia in campo internazionale. Ora è evidente che, senza progressi sul piano delle riforme, le speranze jugoslave di aiuti da parte dell'Occidente rischiano di andare deluse. E non si tratta di poca cosa. Dalla Cee, dopo la quasi conclusa trattativa con il Fondo monetario internazionale (l'accordo sarà firmato il 17 marzo) la Jugoslavia si aspetta un prestito di 500 milioni di dollari per la riforma del sistema bancario. Inoltre chiede di essere ammessa a beneficiare degli aiuti del «G-24» (i Paesi occidentali già impegnati in favore di Polonia e Ungheria) e di entrare nel Consiglio d'Europa. Martedì prossimo il presidente della Commissione esecutiva della Cee, Jacques Delors, sarà a Belgrado per colloqui con il capo del governo Markovic, ed è evidente che, in relazione alla risposta della Cee alle richieste jugoslave, chiederà ai suoi interlocutori garanzie circa l'evoluzione del movimento di riforme politiche ed economiche. In particolare 1' attenzione occidentale è rivolta alle tensioni etniche nel Kosovo (a proposito del quale il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che richiama la Jugoslavia al rispetto dei diritti umani) e verso la preparazione delle elezioni in diverse Repubbliche del Paese. «E' giusto che senza interferire nei fatti interni della Jugoslavia — ha detto De Michelis — anche l'Italia, come Paese amico, sottolinei queste cose». [Ansa]