Si spara il giudice che condannò Ceausescu

Si spara il giudice che condannò Ceausescu A Timisoara aperto il processo per le stragi che diedero il via alla rivoluzione in Romania Si spara il giudice che condannò Ceausescu Il generale Popa forse sconvolto dalle minacce dei securisti BUCAREST. Ucciso da un proiettile alla testa, scompare l'ufficiale che aveva presieduto il processo sommario contro Nicqlae ed Elena Ceausescu. Suicida ^ secondo il ministro della Giustizia; comunque morto proprio quando il nuovo potere romeno ammette che la storia della rivoluzione va riscritta, in primo luogo per precisare l'ambiguo ruolo svolto da molti quadri militari. Il generale Georgica Popa si sarebbe sparato con la pistola nel suo ufficio della procura militare. Il ministro della Giustizia, Teofil Pop, ha attribuito il suicidio a una «gravissima depressione» escludendo esplicitamente ragioni legate al suo incarico. La vedova sostiene invece che il marito era perfettamente in sé, ma, spaventato dalle continue minacce anonime — probabilmente opera di ex securisti — da due mesi per prudenza non dormiva più a casa. Popa avrebbe tentato di parlare con il ministro di queste intimidazioni ricevute, ma sarebbe stato respinto. Non solo: la lettera d'addio in cui si diceva «frustrato ed impaurito», secondo la signora Eleonora è stata trafugata dallo stesso ministro. Un nuovo mistero si aggiunge così nella grande zona buia che occulta i tragici giorni di dicembre. Era stato proprio Georgica Popa a condurre lo sconcertante interrogatorio dei Ceausescu, processati, pare, la sera di Natale in una caserma alla periferia di Tirgoviste, 80 chilometri dalla capitale. Nella ripresa, la telecamera evitò accuratamente di mostrare la corte. I giudici scrissero una sentenza già decisa dal vertice del Fronte, a maggioranza e su proposta dei generali: questi ultimi, venne fatto sapere in seguito, ventilavano la possibilità che Ceausescu, custodito dentro un blin¬ dato, venisse liberato dai suoi pretoriani. Soltanto due sere dopo la tv romena mandò in onda il filmato del processo. Non si tratta di un'unica sequenza, ma di spezzoni intervallati da fotogrammi che mostrano un Ceausescu ghignante. Resta il dubbio che vi sia stata un'abile operazione di montaggio, per censurare alcune risposte dei due imputati. Le domande dell'inquisitore senza volto sono sbrigative, l'atteggiamento della coppia appare sprezzante. La morte del generale cade in un momento di forti tensioni all'interno dell'apparato militare. Pressato dalla contestazione di un vasto gruppo di ufficiali, il ministro della Difesa, generale Stànculescu, nei giorni scorsi ha finalmente ammesso che «a Timisoara, Bucarest, Alba Julia, Tuclea, Bacau, Buzau sono stati dati ordini (da ufficiali dell'Armata) contrari al¬ l'interesse della rivoluzione» ed ha autorizzato commissioni per valutare il comportamento dei comandanti durante la rivoluzione. Più esplicito, Silviu Brucan, l'ideologo del Fronte, aveva detto a questo giornale: «A Timisoara l'Armata ha sparato (sulla folla) insieme alla Securitate». Nel processo per i massacri di dicembre cominciato ieri a Timisoara solo uomini della Securitate, 21, siedono sulla panca degli imputati, ma sarebbero pronti gli ordini di comparizione per alte gerarchie militari. Nel capo d'accusa, il bilancio della strage è indicato in 94 morti e 23 scomparsi, contro la stima di migliaia di vittime, diffusa dalle radio, che scatenò l'insurrezione nel Paese. I cadaveri vennero cremati a Bucarest, le ceneri gettate nelle fogne. Il silenzio di ogni operaio presente fu pagato 20 dollari. Ig.r.l

Persone citate: Alba Julia, Ceausescu, Elena Ceausescu, Georgica Popa, Silviu Brucan

Luoghi citati: Bucarest, Romania, Timisoara