Un po' d'Italia nel regno della vela

Un po' d'Italia nel regno della vela Nella quarta tappa superata anche l'Urss, i neozelandesi ancora al comando Un po' d'Italia nel regno della vela Ottavo posto per Gatorade al giro del tnohdo PUNTA DEL ESTE. La bandiera italiana sventola fra le sartie e gli alberi dei grandi velieri che sono ormeggiati a Punta del Este. E' il trionfo di Gatorade, la barca di Giorgio Falck, alla quarta tappa del giro del mondo a vela: si è classificato al settimo posto. «Un risultato eccezionale — ha commentato Jacopo Marchi, che è coskipper di Herve Jan — e una delle sorprese di questa tappa, che è stata particolarmente dura, perché ha sottoposto l'equipaggio a turni molto faticosi e psicologicamente stressanti». Inaspettata e infelice è stata la bonaccia nel regno dei «cinquanta urlanti», cioè a latitudini prossime all'Antartide dove i venti soffiano a più di 70-80 chilometri l'ora fra tempeste di neve e grandine. Quasi tutti gli skipper avevano puntato a Sud, proprio per trovare il giusto propulsore, ma ad attenderli c'era la bonaccia. «A quel punto eravamo quattordicesimi — continua Marchi —, invece di insistere su quelle latitudini, siamo andati a cercare vento più a Nord. Abbiamo avuto ragione: con il vento al lasco molto forte abbiamo potuto recuperare il tempo perduto e ancora, dopo Capo Horn, la scelta tattica ci ha permesso di volare verso la settima posizione. Abbiamo superato i russi di Fazisi, i nostri avversari di sempre, e scavalcato barche molto competitive. Ora davanti a noi ci sono soltanto avversari che non potremmo mai battere, perché tecnologicamente più forti». L'arrivo di Gatorade è stato festoso. Appena il suo spinnaker (la vela a pallone) bianco si è stagliato all'orizzonte, decine di barche sono corse incontro per accompagnarlo al traguardo. Una processione spumeggiante, cadenzata dai lamenti delle sirene, ha dato il benvenuto agli italiani insieme con gli applausi di centinaia di persone che erano assiepate sugli scogli e alla capriola di una foca curiosa. All'ormeggio i riti consueti: abbracci, docce di birra e spumante. Gatorade, sommerso dalle note verdiane dell'inno di bordo («Va' veliero sul mare infinito, va' a planare sui grandi marosi...»), ha pregustato il riposo dopo ventiquattro giorni e oltre seimila miglia di navigazione. Sui volti dei ragazzi i segni della stanchezza, della tensione e lo sguardo luminoso di chi è soddisfatto. L'equipaggio era composto da: Guido Maisto, Stefano Maida, Dani De Grassi, Laurent Cordelle, Giovanni Falck, Augusto Blasimme, Richard Brisius, Paolo Caputo, Franco Cattai, Maurizio Cocco, Massimo Fossati, Andrea Proto e Giovanni Verbini. «Gatorade», dopo questa quarta tappa, ha migliorato anche la posizione nella classifica generale, portandosi all'ottavo posto. Assoluto ed indiscusso dominatore della gara è Steinlager, il corsaro rosso neozelandese, che riesce puntualmente a bat¬ tere il suo accanito avversario Fisher and Paykel. Subito dopo, un altro duello fra gli svizzeri di Merit, condotta dal vincitore del precedente giro del mondo, Pierre Fehlmann, e gli inglesi di Rothmans. Si è fatto più aggressivo Charles Jourdan, che è anche un po' italiano, essendo stato acquistato, per la fine della regata, dall'industriale casalese Sandro Buzzi. La barca francese, insieme a Merit e Ubf, riceverà un riconoscimento speciale per essere corsa in salvataggio dei 16 uomini di Martela, lo scafo finlandese, che si era rovesciato a 140 miglia dalla costa argentina, dopo aver perso la chiglia. Un evento, questo, che riassume anche la drammaticità di questa regata: l'equipaggio di una barca corredata di tutti i migliori ingredienti tecnologici ha rischiato la vita per un errore tecnico o forse, semplicemente, per superficialità. Irene Cablati

Luoghi citati: Antartide, Este, Italia, Merit, Urss