Quarant'anni fa
Quarant'anni fa Quarant'anni fa //favoloso Sbepbeard alle fiamme Erano le otto del 26 gennaio 1952, una sera buia del Cairo, senza luna, oppressa dal coprifuoco riesumato da Nahas Pascià, capo di gabinetto nominato da re Faruk, re da «Mille e una notte» chiacchierato per lo sfarzo sfenato di cui si circondava e per i suoi legami con l'Occidente, colonialista e infedele. Per tutta la giornata, frotte di manifestanti avevano sfogato la loro rabbia in alcuni quartieri, prima compiendo atti di vandalismo e poi, sempre più minacciosi, coagulandosi fino a dar vita ad una vera e propria insurrezione. Qualche minuto dopo le 20, l'hotel Shepheard, il simbolo del colonialismo inglese nella capitale egiziana, per anni ritenuto il miglior albergo del mondo, era un braciere ardente, una colonna di fiamme e fumo alta cinquanta metri che illuminava la notte africana. Nuvole grigie si levavano da ogni parte della città: il Badia dancing club completamente distrutto, le sale cinematografiche Rivoli e Pigalle carbonizzate, il ristorante Regent saccheggiato, negozi distrutti e vetrine frantumate ovunque, mentre un solo grido — «A morte gli inglesi» — animava la città. Ma l'hotel Shepheard era la piramide apocrifa che macchiava più di ogni altra costruzione — agli occhi degli estremisti musulmani — il paesaggio egiziano. Violare quell'edificio, sintesi delle linee architettoniche che disegnavano i centri residenziali del mondo tropicale ed equatoriale inglese, significava sfidare Londra. E Londra significava l'Occidente, in primo luogo gli Stati Uniti. Le truppe britanniche di stanza al Canale di Suez furono messe in stato d'allerta, pronte ad intervenire. L'hotel Shepheard era, in quella giornata d'insurrezione, il cannocchiale di Washington e di Londra sulla capitale egiziana. Il suo direttore era in contatto telefonico con l'ambasciatore Usa quando gridò: «La folla sta attaccando l'edificio». I rivoltosi forzarono i portoni dell'albergo, mettendo in fuga camerieri in livrea, fascia alla vita e guanti bianchi. I pavimenti in legno, coperti da tappeti persiani, furono cosparsi di stracci imbevuti di benzina pompata a un distributore della Shell distrutto poco prima. Il fuoco, subito appiccato, in un attimo lambì le pareti ricamate da preziosi tendaggi. Gli immensi lampadari si schiantarono al suolo, mentre fumo e fiamme penetrarono nei piani superiori, nelle lussuosissime «suite» abitate, negli anni, dai più bei nomi della borghesia e della nobiltà occidentali. Spariva, in poche ore, l'hotel più celebre del mondo, costruito settantanni prima e mai, nemmeno per un'ora, chiuso al pubblico. Gran parte dei clienti, tra il panico, si era già messa in salvo, abbandonando alle fiamme bagagli, libri e anche gioielli. La mattina dopo, lo Shepheard era una montagna di cenere, tenuta assieme da poche travi scampate al rogo. Re Faruk scongiurò la guerra civile licenziando il governo di Nahas Pascià e richiamando al potere Maher Pascià. Ma per il monarca costituzionale la fine fu procrastinata solo di pochi mesi: nel luglio dello stesso anno, un colpo di Stato lo avrebbe costretto alla fuga. Pier Luigi Vercesi
Persone citate: Faruk, Maher, Nahas, Pier Luigi Vercesi
Luoghi citati: Londra, Stati Uniti, Suez, Washington
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