Sabato il round finale

Sabato il round finale Sabato il round finale Breve rinvio dell'assemblea Tre giorni per un accordo MILANO. «Sono d'accordo...aggiorniamo questa assemblea al giorno 3 marzo, stesso luogo e ora». Sergio Cragnotti, amministratore delegato di Enimont che presiede l'assemblea dopo le dimissioni di Lorenzo Necci, accetta la proposta dell'Eni. Non si vota, non si discute sul nuovo slittamento. Tocca al presidente decidere e Cragnotti, dopo aver sentito che la Montedison è d'accordo, rinvia tutto a sabato. In poco più di un'ora, nell'aula dell'Assolombarda, si cimentano avvocati e professionisti del diritto con fini disquisizioni sulla natura ordinaria o straordinaria dell'assemblea, sulla possibilità o meno che la prevista nomina di due consiglieri modifichi l'atto costitutivo della joint venture. Si ritroveranno a fine settimana: se non ci sarà l'accordo tra Eni e Montedison ne vedremo delle belle. Alle 10 iniziano i lavori. Dietro il lungo tavolo siedono i consiglieri di amministrazione. Non c'è Necci. La presidenza viena assunta da Cragnotti. Alla sua sinistra siede Carlo Sama che aveva chiesto le dimissioni del presidente di Enimont. Manca Marco Vitale, consigliere per conto dell'Eni, solo cooptato e non ancora confermato da un'assemblea. Cragnotti legge le risposte inviate alla Consob. Conferma che è stato il Comitato degli azionisti Enimont a chiedere la convocazione dell'assemblea ordinaria per nominare due consiglieri. Ma proprio sulla natura dell'assemblea, e qui c'è la prima sorpresa della giornata, si spacca il collegio sindacale. Il presidente del collegio, Luigi Guatri, informa che due sindaci (Piergiorgio Ceccarelli e Roberto Jacquinto, di nomina Eni) hanno avvertito che l'aumento del numero dei consiglieri «potrebbe determinare la violazione degli articoli 2365 e 2435 del codice civile e comunque dell'art. 1/4 delle legge 216». Altri due sindaci (Alvise Conciato e Roberto Magnani, del gruppo Montedison) sono di parere nettamente opposto: sostengono che l'allargamento del consiglio è perfettamente legittimo. Guatri dice di aver chiesto un parere al professor Raffaele Nobili: l'assemblea deve essere ordinaria. Pochi secondi e c'è un'altra sorpresa. Cragnotti fa appena in tempo a dire «Passo alla trattazione degli argomenti all'ordine del giorno...» che dalle prime file il rappresentante dell'azionista Eni, il professore di diritto commerciale, Berardino Libonati, lo interrompe. «Scusi presidente, mozione d'ordine...». Secondo l'Eni le dimissioni di Necci, le divergenze emerse nel collegio sindacale, i pronunciamenti dell'Avvocatura dello Stato e della Corte dei conti sull'assemblea, aprono uno scenario nuovo. Bisogna «esaminare e approfondire tutti i dati, con il massimo di informazioni». Per questo l'Eni chiede che «ai sensi dell'art. 2374 del Codice civile l'assemblea venga rinviata». Cragnotti vuol fare proseguire i lavori, Libonati gli dice che deve decidere «altrimenti la discussione e la delibera è fin da ora invalida». Il presidente tira un po' per le lunghe, giusto per arrivare all'intervento di Mario Casella, il legale che rappresenta Foro Buonaparte. Casella annuncia che non intende «scatenare un conflitto di tipo religioso su una richiesta di sospensione di tre giorni», ribadisce la posizione della Montedison sulla validità giuridica dell'assemblea ordinaria. Ma, soprattutto, Casella introduce un elemento decisivo nella partita Enimont. Anticipa il programma di Raul Garduii per Enimont: «Un aumento di capitale di 10 mila miliardi, parte per conferimenti, parte in denaro, e deve essere concordato al più presto, entro 60 giorni da oggi». E su questa proposta che si gioca il futuro Enimont. Rinaldo Gianola

Luoghi citati: Casella, Milano