Gardini lancia l'ultima sfida sull'Enimont

Gardini lancia l'ultima sfida sull'EnimontForo Bonaparte propone di conferire Himont e Ausimont, l'Eni e i privati dovranno mettere i quattrini Gardini lancia l'ultima sfida sull'Enimont E chiede di aumentare il catrìtale sociale di 10.000 miliardi MILANO. Gardini gioca le sue carte: 10 mila miliardi per una holding in grado di recitare un ruolo di prim'attrice nella chimica mondiale. L'Enimont, così come la vede lui, deve decollare in tempi brevi. Ci vogliono quattrini, nuove società e, soprattutto, nuovi brevetti. Occorre conferire Himont e Ausimont (almeno 4 mila miliardi di valutazione), società dell'area Montedison che Gardini ha recuperato negli Usa con operazioni d'acquisto da 1850 miliardi; occorrono i denari dell'Eni (che non ha nulla da conferire e quindi deve spendere almeno 4 mila miliardi); ci vuole una proposta in grado di mobilitare 2 mila miliardi da parte del mercato. Ma Montedison offrirà, oltre alle società, anche denaro contante. Foro Bonaparte reagisce così alle voci sui debiti troppo pesanti. «E' un sistema provinciale — commenta Gardini —> ma io i miei debiti li ho sempre gestiti all'estero». Bisogna, poi, far presto: entro tre giorni lo Stato deve decidere. Altrimenti? Occorrerà battere nuove strade (tutte da scoprire, per la verità). Però è importante che si decida la ricapitalizzazione entro 60 giorni: i giochi nella chimica si fanno adesso, i tempi della politica italiana sono estranei alla logica della sfida industriale. Ma attenzione: 7 consiglieri su 12 per i privati (ovvero il consiglio che potrebbe scaturire dall'assemblea di sabato) non bastano; per approvare operazioni di questa portata ci vogliono almeno otto consiglieri. L'Eni, insomma, non è tagliato fuori. Però deve decidere, e presto. Ma come nasce quest'offerta? La bomba la lancia il professor Mario Casella davanti all'assemblea. «La Montedison ha auspicato e ricercato una negoziazione concreta sui problemi Enimont, al fine di assicurare una presenza importante a questa società sui mercati internazionali. Il programma prevede un aumento di capitale di 10 mila miliardi, parte per conferimenti, parte in denaro. Diciamo entro 60 giorni da oggi per non perdere altro tempo nell'avvio e nell'attuazione di attività di Enimont». Il programma preciso verrà annunciato oggi dallo stesso Gardini al consiglio di amministrazione Montedison. Che dirà Gardini? Innanzitutto, esporrà il progetto industriale della Enimont così come la pensa lui, «il capò della chimica italiana» come si è definito a Padova. L'obiettivo è una holding ai vertici internazionali nella chimica dei materiali: polipropilene (grazie ad Himont), polietilene, polistirolo e vari altri polimeri. Un colosso, sottolineerà Gardini, possibile solo grazie agli sforzi Montedison. Foro Buonaparte, infatti, ha riacquistato la totalità dei titoli Himont e Ausimont negli Usa, impedendo la cessione di brevetti o recuperando iniziative già vendute in precedenza. Uno sforzo, proseguirà Gardini, che fa giustizia delle voci sulla volontà di vendere da parte di Montedison o di un'ipotesi di privatizzazione «surrettizia». Ora è possibile, continuerà il presidente Montedison, lanciare una società, l'Enimont, forte di quote di mercato, di tecnolo¬ gie e, grazie all'immissione di denari freschi, di una situazione finanziaria vincente. Ma chi comanderà? In Montedison rivendicano il «primato ideologico» dell'iniziativa. Il che, in parole povere, sta ad indicare che il gruppo Montedison chiede una gestione privatistica, senza protettorati delle Partecipazioni Statali e senza ingerenze particolari. La trattativa non sarà facile e senz'altro la Montedison chiederà un incarico strategico in prima fila: ma non dovrà venir sacrificato il ruolo della parte pubblica e ci dovrà esser spazio per i Srivati nel consiglio. Gardini, el resto, parla dà almeno dieci mesi di un'Enimont destinata ad affrontare una chimica mondiale; i patti, poi, parlano di convenzioni tra pubblico e privato destinate a sciogliersi nel '94 ed è stata la parte pubblica ad insistere per il collocamento dei titoli sul mercato. Ora, è il ragionamento dei Ferruzzi, siamo alla resa dei conti. O decolla la chimica Enimont, oppure si dovranno battere altre strade. La novità è che nemmeno dalla parte privata c'è una volontà di rottura. Al di là delle liti tra i soci spicca l'interesse reciproco al proseguimento della scommessa Enimont. In ballo c'è il futuro della chimica italiana, anello debole della bilancia dei pagamenti. Ugo Bertone DAL MATRIMONIO novembre 1986. Il presidente dell'Eni Franco Reviglio, propone un accordo con la Montedison. Secondo il progetto l'Enichem dovrebbe dare vita assieme al partner privato a delle joint ventures in quattro settori: chimica di base, fibre, elastomeri e agricoltura. aprile 1987. Si aprono le trattative per la creazione del polo chimico II presidente della Montedison, Mario Schimberni, presenta però un'offerta di acquisto per la Enichem. La risposta dell'ente pubblico è negativa ma le trattative continuano. maggio 1988. Il presidente dell'Eni, Reviglio, e quello della Montedison, Gardini, firmano una lettera d'intenti per la joint venture che unirà le attività di Enichem e di Montedison. novembre 1988. Il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge che concede sgravi fiscali sulle plusvalenze apportate dai due soci nella nuova società. In seguito anche il Cipi approva la costituzione del polo chimico. lugli0 1989. Con i conferimenti da parte di Eni e Montedison parte l'Enimont. Ma si accndono già I eprime polemiche. Solo qualche giorno prima, durante l'assemblea della Montedison, Gardini afferma che nel giro di tre anni assumerà il controllo del polo chimico. settembre 1989. Pieno successo del collocamento sul mercato del 20% delle azioni Enimont al prezzo unitario di 1420 lire. Il governo vara il terzo decreto-legge per gli sgravi fiscali a Enimont. Il decreto viene bocciato alla Camera e il Governo presenta un progetto di sanatoria. novembre 1989. Montedison denuncia l'inadempienza del governo sul fronte degli sgravi fiscali e chiede la revisione dei patti con l'Eni. Intanto alla Borsa di Milano mani misteriose rastrellano i titoli Enimont. Si fa il nome di Gardini mentre il 7% delle azioni sembra ormai scomparso dal mercato. dicembre 1989. Si intensificano gli acquisti misteriosi su Enimont. Il presidente del Consiglio Andreotti denuncia manovre poco chiare sul polo chimico. gennai01990. Il comitato degli azionisti di Enimont stabilisce di convocare il consiglio di amministrazione per la nomina di due nuoi consiglieri in rappresentanza degli azionisti terzi. L'Eni acconsente alla richiesta ma il ministro delle Partecipazioni Statali, Carlo Fracanzani, è contrario. 16 febbraio 1990. Gardini rivendica la guida della chimica italiana. Il giorno seguenta, a Palermo, il vicepresidente del Consiglio Martelli definisce l'Enimont «un matrimonio fallito». 22 febbraio 1990. Escono allo scoperto gli alleati di Gardini. Sono Gianni Varasi con n ,2% circa delle azioni Enimont, Jean Marc vernes con il 4% e la Prudential Bache con il 5%. Con il loro apporto la Montedison ha oltre il 51% delle azioni del polo chimico. 24 febbraio 1990. Il pretore di Milano respinge il ricorso dell'Eni che aveva chiesto di sospendere la convocazione dell'assemblea Enimont. A Padova Gardini dichiara: «Sono io il capo della chimica italiana». 28 febbraio 1990. Slitta l'assemblea Enimont. La sera precedente si era dimesso il presidente della società, Lorenzo Necci. Gardini chiede un aumento _ di capitale di 10 mila miliardi per conferire la Himont I . A al polo chimico. ALLA CRISI

Luoghi citati: Himont, Milano, Padova, Palermo, Usa