IL PIACERE DEGLI OCCHI di Flavia Amabile

Dietro le quinte della scena alla ricerca dell'armonia LA FOTOGRAFIA IL PIACERE DEGLI OCCHI Dietro le quinte della scena alla ricerca dell'armonia U N ragazzino sbircia da una fessura. Un giovane di qualche anno più grande, pure. Accanto a loro una donna regge il figlio tra le braccia. Dall'altra parte della palizzata, il circo. Come dire, l'altro spettacolo, la scena vista dalla parte in ombra, dove i riflettori sono sempre spenti. E' una delle immagini della prima mostra fotografica della regista francese Agnès Varda. Ed è una delle più rappresentative del suo modo di intendere la fotografia, e, in particolare, quella di scena. Nel 1951, lo stesso anno in cui scatta questa foto, la Varda ottiene l'incarico di fotografa ufficiale del Théàtre National Populaire di Parigi. A credere in lei e nel suo particolare modo di affrontare il mondo del teatro è stato quattro anni prima Jean Vilar, l'uomo che ha «inventato» il festival di Avignone, che la porta con sé nella cittadina dei papi. Lì, la Varda si fa le ossa scattando immagini su immagini per l'archivio di Vilar. Ma sono le «sue» immagini, cioè quelle di una ragazza che vive il teatro, non ci lavora soltanto. La futura regista durante la prima edizione del festival di Avignone fa di tutto, strimpella la chitarra, porta l'acqua nei camerini, e, soprattutto, impara la legge non scritta del palcoscenico, quella che vale dietro le quinte. E' con questo suo modo del tutto particolare, soprattutto per quei tempi, di affrontare lo spettacolo che dopo essere diventata l'occhio ufficiale del Théàtre Populaire, la Varda continua a fotografare. Ne escono immagini come quella scattata nel 1957 nel camerino di un teatro a Shanghai. L'attore è in una pausa dello spettacolo. Il suo volto è stanco, disfatto sotto la luce impietosa di un lampadario troppo basso. Poi prende in mano uno specchio. Lo stupore si impadronisce di lui. E' un attimo. Ma la Varda riesce a coglierlo. Dalla Cina al Portogallo. E' estate e la strada è inondata dal sole. Una ragazza vestita di nero cammina a piedi scalzi. Sopra di lei un manifesto mezzo strappato ritrae una giovanissima Sophia Loren. E' probabilmente questo il soggetto che Agnès Varda vuole riprendere all'inizio. E questo rimane il vero punto di forza della foto. Ma senza il passo deciso della ragazza portoghese, l'immagine perderebbe significato, risulterebbe squilibrata. Invece, per la regista francese l'equilibrio tra i vari soggetti inquadrati è un elemento essenziale. La sua è una continua ricerca dell'armonia, dell'alternarsi di chiari e di scuri, di punti deboli e punti forti. Quasi un gioco matematico. Proprio come avviene nella pittura moderna che è stato il primo amore di Agnès Varda e che rimane il suo punto di riferimento, anche se, al posto dei pennelli, ha in mano una macchina fotografica. Le immagini devono fornire, infatti, per la futura regista francese, «alcune sensazioni che sono proprie della pittura, ma se è troppo vicina a un quadro perde efficacia». Come raggiungere questo difficile compromesso? Agnes Varda ci riesce con la semplicità. Fotografa solo ciò che vede. Non costruisce le immagini. Ma le «taglia» in modo da visualizzare il ritmo interno della foto. Un esempio? Le prove del «Lorenzaccio» nel 1952. La forza dell'immagine è tutta nell'espressione dei due attori ripresi in primo piano. E' nella loro posizione, nelle braccia di Philippe Noiret posate sulle spalle di Gerard Philipe, nello sguardo di Gerard Philippe rivolto verso il basso, nei suoi capelli spettinati. E questo basta. Non c'è bisogno di altro per dare spessore alla foto. Né di costumi, né di scene, né di colori, né di elementi estranei all'essenza stessa del testo rappresentato. Flavia Amabile Sopra alcune immagini dalla mostra: «All'esterno di un circo a.Montreuil» (1951) e «Sophia iMren in Portogallo»

Luoghi citati: Avignone, Cina, Parigi, Portogallo