RILEGGERE UN ANNO TV

RILEGGERE UN ANNO TV RILEGGERE UN ANNO TV D. anno passato a guardare, e ora un libro per provare a vedere: L'Atlante 1989 della radio e della televisione (Nuova Eri, pp. 257, L. 39.000), curato per il secondo anno da Piero Dorfes, riassume e spiega cos'è accaduto in dodici mesi, «dentro» e «davanti» alla televisone. Sulla prima questione i pareri degli osservatori coincidono: la tv ha accentuato il suo ruolo di salotto perennemente abitato da chiacchiere, sorrisi, graditi ospiti, nonché «amici». Un salotto che mima l'atmosfera da socialità festosa del Grande Albergo, laddove, nota Furio Colombo, la socialità reale di noi spettatori tende a diminuire. Ma la scatola magica, nella sua più recente veste di televisione-verità, si è anche arricchita di narrazioni al cui centro transitano i virtuali alter ego dello spettatore: i cittadini comuni, che compaiono nei panni di protagonisti, testimoni, vittime di «storie vere». Finestra sul mondo trasformato in salotto e specchio di chi guarda, la televisione conferma il suo ruolo ecumenico, la sua onnicomprensività. La guerra dell'audience tra polo pubblico e polo privato non ha fatto altro che accelerare questo sviluppo, rendendo l'offerta televisiva omogenea all'imperativo dominante: vendere il proprio pubblico alla pubblicità che vende il pubblico all'inserzionista. L'offerta di spettacolo (varietà e intrattenimento) nei diversi palinsesti è talmente alta che la metà di ciò che viene proposto si sovrappone; nel caso della fiction (telefilm, film, sceneggiati) la sovrapposizione rigurda addirittura il 67 per cento del totale: uno spreco enorme di risorse e di spazi. Illogico? Mica tanto: nell'ultimo anno, le televisioni hanno assorbito 3.486 miliardi di investimenti pubblicitari, trasformandoli in 600 mila spot. La progressiva sovrapposizione tra tv pubblica e tv privata è stata avviata, sul fronte Rai, proprio negli anni del dominio di Biagio Agnes la cui politica aziendale ha arginato la crescita della Fininvest. A proposito: una luce su quegli anni in Rai ce la fornisce il libro inchiesta di Paolo Martini: No, non è la Bbc (Mondadori, pp. 192, L. 25.000): saga delle battaglie politiche intestine all'azienda di Stato. Sul secondo punto, cosa è successo «davanti» alla televisione, abbiamo, per lo più, esperienza diretta. L'Atlante riassume le centinaia di dati sugli ascolti televisivi, compila le classifiche dei programmi più visti, propone le opinioni di critici televisivi, personaggi, di osservatori e esperti. Tra le molte opinioni vale segnalare quella di Neil Postman, studioso statunitense di mass media che taglia corto con un perentorio: «La tv è una fabbrica di denaro che, per ora, non si è fermata davanti a nulla». In quanto ai contenuti ci pensa Alexander Kluge: «Noi non potremo mai spiegare alle future generazioni quell'istupidimento generale creato dalla televisione in quanto mera forma di intrattenimento». Snobismo intellettuale? Ne parliamo dopo la pubblicità, [p. e]

Persone citate: Alexander Kluge, Biagio Agnes, Furio Colombo, Mondadori, Neil Postman, Paolo Martini, Piero Dorfes