Assemblea, primo round di R. G.
Assemblea, primo round Assemblea, primo round Cerano i verdi, non Gardini Iprivati portano più del 50% MILANO. Lorenzo Necci, presidente di Enimont, esce dalla sede dell'Assolombarda accolto da qualche decina di ambientalisti. «Necci — gli gridano — prima di dimetterti chiudi l'Acna». Poi anche i verdi se ne vanno, assieme agli azionisti della joint venture, un po' delusi. L'assemblea di Enimont è stata infatti rinviata a questa mattina, in seconda convocazione, in quanto ieri la Montedison, titolare del 40% del capitale, non si è presentata. Con questa mossa Raul Gardini ha fatto mancare il quorum minimo, pari al 65% del capitale, per tenere l'assemblea in prima convocazione e approvare le previste delibere. Oggi, invece, si contano le azioni presenti senza particolari vincoli. Gardini con i suoi alleati (Prudential Bache, Vernes, Varasi) ha la maggioranza del capitale sociale ed è quindi in grado di eleggere due consiglieri di amministrazione rappresentanti i soci terzi. Ieri mattina erano presenti 86 azionisti portatori di poco più di un miliardo e 900 milioni di azioni (il 45,12% del capitale). I due maggiori soci presenti erano l'Eni, col 40%, e la statunitense Prudential Bache con il 5,08%. E' stato diffuso anche l'elenco dei primi dieci azionisti risultanti dal libro soci, aggiornato al 23 febbraio. Eni e Montedison hanno il 40% ciascuno (la quota di Foro Buonaparte è suddivisa in tre società: Compart 31%, Montedison 4,5%, Ateca srl 2,7%, Clediafin srl 1,6%), seguono la Prudential con il 5%, il grappo Vernes con il 3,9% (ripartito tra Partecipation Mobiliere e la Argenteuil Investisse ments), la Fintitoli di Gianni Varasi con lo 0,9% e la Sige Fiduciaria con lo 0,2%. Questi dati confermano che gli azionisti privati guidati dalla Montedison possono contare almeno su poco più del 50% delle azioni (non è escluso che Varasi disponga di qualche pacchetto minore parcheggiato in altre società). Oggi, quindi, non dovrebbero avere problemi a imporsi e a mettere in minoranza l'Eni. L'esito dell'assemblea è importante perché, evidenziando con i voti differenti la spaccatura tra i due soci di riferimento, potrebbe aprire un nuovo fronte, quello giudiziario, nel contenzioso tra Eni e Montedison. L'Ente guidato da Gabriele Cagliari, infatti, è convinto che la nomina di due consiglieri modifichi l'atto costitutivo di Enimont e che per questo ci sia bisogno di un'assemblea straordinaria. Non è quindi escluso che l'Eni possa impugnare la delibera, o comunque procedere ad altre azioni giudiziarie, peraltro già ventilate dallo stesso Cagliari. In ogni caso anche se la Montedison riuscirà a far eleggere altri due consiglieri fiancheggiatori, non è detto che avrà immediatamente via libera nel controllo e nella gestione della joint venture. Per certe decisioni strategiche, infatti, lo statuto di Enimont prevede la maggioranza di due terzi del consiglio, quindi otto su dodici. Foro Buonaparte potrebbe contare su sette consiglieri. Nel frattempo prosegue la guerra delle dichiarazioni. I dirigenti della Ferruzzi e della Montedison hanno definito «arrogante e inaccettabile» la polemica del presidente dell'Eni «sui presunti condizionamenti operato in passato dalla finanza d'assalto nei confronti della chimica italiana». La guerra, insomma, coinvolge tutte le strutture. [r. g.]
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