Il marchese e il cigno nero

Il marchese e il cigno nero L'aristocratico accusato da un'amica e arrestato, fu assolto Il marchese e il cigno nero Giallo Moritesi, è morto Montagna ROMA. Il marchese Ugo Montagna di S. Bartolomeo, uno dei personaggi «eccellenti» coinvolti nelle indagini sulla morte di Wilma Montesi (un giallo che appassionò l'Italia degli Anni 50) è morto lunedì a Roma all' età di 80 anni: i funerali si sono svolti nella chiesa di S. Croce. Il marchese Montagna, insieme col musicista Piero Piccioni, venne rinviato a giudizio e poi assolto con formula piena dall' accusa di essere in qualche modo coinvolto nella misteriosa fine della giovane. Ma il giallo portò alle dimissioni il padre di ' Piccioni, Attilio, allora ministro degli Esteri, e il capo della polizia Tommaso Pavone. Furono il giornalista Silvano Muto e Anna Maria Moneta Caglio, figlia di un notaio milanese che aveva avuto una relazione con il marchese, ad accusare Piccioni e Montagna. Poi Muto e la Caglio furono incriminati per calunnia e amnistiati. In un primo momento si ritenne che Wilma Montesi fosse annegata per disgrazia. Il suo corpo fu trovato a Torvajanica la mattina dell'I 1 aprile 1953,1' unico indumento mancante alla giovane era il reggicalze e la sorella raccontò che Wilma soffriva di un eczema ai piedi e cercava di curarlo con l'acqua di mare. Una testimone disse di averla incontrata sul treno di Ostia. Gli inquirenti ritennero perciò che la ragazza, mentre si bagnava le gambe, fose caduta in acqua per un malore. La corrente avrebbe poi spinto il corpo verso Torvajanica. Nacque così la «tesi del pediluvio» e per qualche mese non si parlò più della Montesi, fino a quando il settimanale «Attualità», diretto da Silvano Muto, pubblicò una serie di servizi nei quali si lasciava intendere che dietro la morte di Wilma si nascondeva un giallo esplosivo. Il pubblicista fu incriminato per notizie false e tendenziose, ma alle prime battute del processo ecco il colpo di scena, Muto fece il nome della Caglio: «Lei conosce la verità». La giovane, che da quel momento fu soprannominata il «cigno nero», indicò come responsabili Pic¬ cioni e Montagna. Fu avviata un'inchiesta e la Caglio rafforzò le sue accuse: sostenne che, quando si erano diffuse le prime voci su Piccioni, Montagna, suo amico, era andato dal capo della polizia Tommaso Pavone per aiutare il musicista. Aggiunse che il suo amante, amministratore della società venatoria «Sant'Uberto», aveva a disposizione un cottage nella tenuta di Capocotta, dove si svolgevano orge a base di stupefacenti. Forse proprio lì, disse la ragazza, la Montesi si era sentita male ed era stata abbandonata sulla spiaggia. Il giudice Seppe ritenne attendibili le accuse del «cigno nero» e spiccò il mandato di cattura contro Piccioni e Montagna e i due furono rinviati a giudizio per omicidio colposo. Il processo si celebrò a Venezia, dove Piccioni e Montagna il 27 maggio 1957 furono assolti con formula ampia. Il marchese sostenne che la Caglio lo aveva accusato di fatti inesistenti per vendicarsi, perché lui aveva troncato la loro relazione.

Luoghi citati: Italia, Roma, Torvajanica, Venezia