«Riprodotto gene che scatena la metastasi»

«Riprodotto gene che scatena la metastasi» Aperta una strada per verificare e, in futuro, tentar di bloccare la diffusione del tumore «Riprodotto gene che scatena la metastasi» L'esperimento è stato realizzato da un 'équipe italo-danese NAPOLI. Un gruppo di ricercatori italiani e danesi è riuscito a riprodurre in laboratorio (cioè a clonare) il gene che nell'uomo è coinvolto nel meccanismo in base al quale i tumori possono creare metastasi, quindi diffondersi da un organo all'altro nel corpo umano. Il gene produce una molecola (recettore) che consente alle cellule tumorali di legarsi a un enzima, l'urochinasi. Questo enzima regola il loro distacco dal tumore originario, l'ingresso nel circolo sanguigno e la creazione di metastasi tumorale in un altro organo. La scoperta — secondo i ricercatori — «apre nuove strade per la messa a punto di molecole antimetastatiche», cioè di molecole che potranno impedire il diffondersi del tumore da un organo all'altro del corpo umano. L'annuncio dell'esperimento riuscito è stato dato dall'Istitu¬ to di Genetica e biofisica del Consiglio nazionale delle ricerche a Napoli, a cui appartiene la maggior parte dei ricercatori italiani (Francesco Blasi, Patrizia Stoppelli, Pasquale Verde, Vittoria Cubellis), che hanno compiuto il lavoro insieme ai colleghi danesi Keld Dan, Ann Roldan, Niels Behrendt del Finsen Laboratory e dell'Istituto di microbiologia dell'Università di Copenaghen. «L'urochinasi — afferma il comunicato dell'istituto — è un enzima che permette e regola la utilizzazione di proteine importanti per la migrazione delle cellule normali e di quelle tumorali». L'isolamento e la clonazione del gene sono «la necessaria premessa per la messa a punto di sostanze antimetastatiche che impediscono il legame dell' urochinasi al recettore. Molte cellule tumorali producono sia l'urochinasi sia il suo recettore e questa è l'arma di un meccanismo che ne favorisce la migrazione». L'urochinasi è una sostanza che attualmente riveste grande interesse sia nel settore càrdiovascolare (è usata nella terapia dell'infarto per la sua capacità di sciogliere il trombo che ha ostruito l'arteria coronarica) sia come fattore coinvolto nei processi di metastasi del tumore. «Il fatto che molte cellule tumorali — ha spiegato Patrizia Stoppelli, uno degli autori del lavoro che è stato pubblicato sulla rivista internazionale dell'Organizzazione europea per la Biologia molecolare (Embo) — abbiano una produzione eccessiva della quantità di urochinasi e del suo recettore, ci ha portato ad ipotizzare una teoria che stiamo verificando e cioè che la cellula tumorale che produce grandi quantità di urochinasi e dei suoi recettori sia fa¬ vorita nello sviluppo delle metastasi». «Stiamo ora studiando — ha affermato Francesco Blasi, un altro dei ricercatori raggiunto telefonicamente all'Istituto di Microbiologia di Copenaghen — anticorpi antirecettore e sostanze sintetiche che possano bloccare il legame recettoreurochinasi ed impedire in futuro il propagarsi delle metastasi». Sull'esperimento, destinato a suscitare notevole interesse fra i ricercatori, si hanno le prime reazioni. «Si tratta di una ipotesi originale ed interessante — ha commentato il professor Cesare Peschle, direttore del laboratorio di ematologia ed oncologia dell'Istituto superiore di sanità — anche perché si rivolge ad un settore di ricerca tumorale ancora poco esplorato per non dire ignoto e cioè la fase di metastasi di un tumore». [Ansa]

Persone citate: Cesare Peschle, Francesco Blasi, Niels Behrendt, Pasquale Verde, Patrizia Stoppelli, Roldan, Vittoria Cubellis

Luoghi citati: Copenaghen, Napoli