Lite polacca fra Genscher e Kohl di Alfredo Venturi

Lite polacca fra Genscher e Kohl Sale di tono il dibattito sulla riunificazione anche all'interno del governo di Bonn Lite polacca fra Genscher e Kohl 77 ministro degli Esteri: chiarezza sui confini BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La riunificazione secondo Genscher si differenzia sempre più nettamente dalla riunificazione secondo Kohl. Da una parte il Cancelliere proteso verso una unità il più possibile rapida e il meno possibile condizionata, dall'altra il suo ministro degli Esteri, attento ai contraccolpi del processo unitario sulla scena internazionale, all'immagine della Germania nel mondo. Ieri il ministro ha detto, in una conferenza stampa, che in materia di politica intertedesca nei prossimi mesi servono soprattutto «chiarezza e tatto». Da buon diplomatico Genscher sa misurare attentamente le parole, e il messaggio non potrebbe essere più diretto: chiarezza e tatto sono qualità di cui il Cancelliere denuncia, in questa fase delicatissima, una preoccupante carenza. Partigiano di una unità nazionale che non sia uno spauracchio per nessuno, di una Germania forte ma rassicurante, e imperfetta amicizia con i suoi vicini, Genscher affronta il tema esplosivo del confine orientale. Sono già noti i termini della vicenda: la Polonia vorrebbe che i tedeschi, prima di mettere insieme il loro Stato unitario, riconoscessero solennemente e definitivamente la linea Oder-Neisse. Kohl sostiene che questo non è possibile, non per ragioni rivendicative ma perché soltanto la Germania unita potrà giuridicamente compiere quel passo. Lo fa per due ragioni: per convincere i vicini che anche per loro e auspicabile una rapida unità, per frenare l'emorragia di voti dal suo partito alla destra nazionalista. Ma in questo modo rischia di accreditare l'incubo storico di una Germania inaffidabile, revanscista. Non a caso Varsavia, a differenza di Praga e Budapest, si è ben guardata dal sollecitare il ritiro delle truppe sovietiche dal suo territorio. L'immagine di una Germania che incuta simili timori è ciò che Genscher vuole assolutamente evitare. Per questo il ministro degli Esteri arriva a sfiorare la crisi di governo. Il problema della frontiera polacca, ha detto ieri, ha una dimensione «europea e nazionale». E quella indicata da Varsavia è una «via percorribile» che va presa sul serio. Del resto la proposta del primo ministro Mazowiecki e del mini¬ stro degli Esteri Skubiszewski, aggiunge Genscher, tiene conto della posizione giuridica tedesca. Infatti prevede che il trattato venga in un primo tempo siglato da Bonn e Berlino Est, e successivamente perfezionato attraverso la ratifica da parte degli organi della futura Germania unita. E' dunque salva la forma cui si aggrappa il Cancelliere: con il quale, annuncia il ministro degli Esteri, «parlerò nei prossimi giorni della proposta polacca». Genscher sembra fiducioso di poter convincere Kohl, ma il campo del dissidio è piuttosto esteso. Il ministro degli Esteri dice sì a un'altra idea che il Cancelliere ha respinto: quella relativa a una dichiarazione congiunta o parallela dei due parlamenti tedeschi, a garanzia del confine lungo l'Oder-Neisse. La proposta proviene da Bita Suessmuth, presidente del Bundestag, che diversamente dal liberale Genscher appartiene allo stesso partito di Kohl. Si può ben dire che la questione polacca rischia di lacerare la maggioranza. Inoltre il ministro degli Esteri manifesta una esplicita contrarietà alla scorciatoia costituzionale verso l'unità che sta tanto a cuore al Cancelliere. Si corre un po' troppo, dice Genscher: bisogna prima chiarire i problemi pratici dell'unificazione, in particolare la complicata armonizzazione del diritto. Il capo della diplomazia tedesca fornisce anche qualche dettaglio sulla conferenza a sei, fra le due Germanie e le quattro potenze vincitrici della guerra, che definirà gli «aspetti esterni» dell'unità. I negoziati intertedeschi procederanno parallelamente alla trattativa con i quattro. Il successo della conferenza, spiega Genscher, implicherà la fine dei diritti sulla Germania delle potenze vincitrici. Insomma, la fine del dopoguerra. Alfredo Venturi

Persone citate: Bita Suessmuth, Kohl, Mazowiecki, Skubiszewski