Napoli ha cento mali e mille comitati di Fulvio Milone

Napoli ha cento mali e mille comitati «Non siamo rappresentati», i cittadini scelgono la protesta organizzata e ogni giorno sfila un corteo Napoli ha cento mali e mille comitati Lavoro, casa, traffico: associazioni per ogni problema NAPOLI. Sono spuntati come funghi in questi ultimi mesi, e non passa giorno in cui non facciano sentire la loro voce, chiara e forte, nelle strade di Napoli. Se si unissero in un solo movimento, i comitati cittadini formerebbero un esercito di oltre diecimila «soldati della protesta». Il loro comune denominatore è il malcontento per la violazione del diritto al lavoro e alla casa, ma anche per l'inefficienza di pubblici servizi come la nettezza urbana, i trasporti, l'ambiente. Scopri così che, accanto al Comitato dei disoccupati storici (non inganni l'aggettivo: il movimento è appena nato), l'elenco aggiornato dell'associazionismo partenopeo comprende anche un movimentò degli abitanti del corso Lucci e del Corso Vittorio Emanuele. Surrogando i compiti della polizia e del Comune, gli abitanti delle due strade hanno istituito ronde notturne e si autotassano per assoldare netturbini privati. Non parliamo del traffico: oltre settecentomila auto che viaggiano ad una media di sei chilometri l'ora. All'assenza di parcheggi progettati dieci anni fa ma mai realizzati dal Comune, al decollo mancato di ambiziosissimi piani anti-smog e al clamoroso fallimento delle «zone verdi», la città risponde con l'Associazione dei pedoni e con un Comitato abitanti di San Martino, sulla collina del Vomere Dalla vocazione alla protesta non è esentato neanche il vecchio buon Vesuvio: insidiato dalle discariche abusive, ferito a morte dalle cave di pietra che ne intaccano le pendici, è stato posto sotto tutela da un movimento formato un anno fa nei comuni della provincia orientale di Napoli. «Non ci sentiamo rappresentati né tutelati», è lo slogan comune a tutti i movimenti, accomunati forse da sollecitazioni qualunquiste, ma anche dalla consapevolezza che Napoli è una città governata poco e male. Nell'ultima legislatura, la regione Campania è stata paralizzata da una lunghissima crisi politica; il Consiglio comunale, guidato da un pentapartito largamente maggioritario, non si riunisce per mancanza del numero legale dei suoi rappresentanti. Problemi grandi e piccoli sono costantemente rinviati, come la gestione della nettezza urbana, il risanamento dell'acquedotto e del servizio dei trasporti pubblici, l'assegnazione delle case popolari, i lavori per i «Mondiali» di calcio. «Ben vengano cento, mille comitati, purché questi rappresentino la volontà di partecipazione diretta della gente alla vita politica della città, e servano a far capire che non non si può più amministrare la cosa pubblica con decisioni calate dall'alto. Del resto, la crisi dei partiti tradizionali e la crescita dei movimenti monotematici non sono un mistero per nessuno, e si verificano in tutta l'Italia», dice Guido D'Agostino, docente di storia delle istituzioni parlamentari all'Università di Napoli Sarà anche un fenomeno comune al resto della Penisola, ma non passa giorno senza che le strade della città siano attraversate da lunghi e rumorosi cortei. I primi a scendere in piazza sono i disoccupati, più o meno storici, di Napoli. I gruppi più agguerriti sono tre. C'è la «Civiltà nuova terza», composta da un migliaio di ex detenuti che, costituiti in cooperativa, chiedono al Comune la concessione dell'appalto per lo smalti¬ mento dei rifiuti differenziati, come il vetro, le batterie e i medicinali. Anche il «Comitato dei disoccupati storici» guidato da un certo Antonio Tammaro, soprannominato «baffone», individua come interlocutore privilegiato l'assessore socialista alla nettezza urbana Antonio Cigliano, protagonista di un controverso progetto di privatizzazione del settore. Su un piano diverso si colloca il «Movimento di lotta per il lavoro», impegnato nella denuncia delle clientele, nello stretto controllo del mercato occupazionale e nella moralizzazione del governo cittadino. Il suo slogan è strettamente connesso con le occasioni di lavoro offerte dall' ormai prossima «Italia 90»: «Se il lavoro non ci danno i Mondiali non si fanno». Non meno variegata è la protesta per la casa, espressa da una miriade di gruppi diversi l'uno dall'altro per formazione ed esperienze. Hanno però un unico obiettivo: i 13 mila 578 alloggi realizzati nell'ambito del piano di ricostruzione del post-terremoto. Solo 6 mila 300 di essi sono stati consegnati ai legittimi assegnatari. Gli altri, ultimati da tempo ma ancora disabitati, sono l'obiettivo dei blitz notturni di decine di comitati: «scantinatisti», sfrattati, senza-tetto «storici», occupanti abusivi di case provenienti da altri quartieri. «E pensare — conclude Guido D'Agostino — che c'è chi si ostina a proporre una maggiore concentrazione di potere nelle mani di pochi, e invoca ad esempio un governo metropolitano nelle mani di un supersindaco. Questa città non ha più fiducia nel politico. Figuriamoci nel super-politico». Fulvio Milone

Persone citate: Antonio Cigliano, Antonio Tammaro, Guido D'agostino

Luoghi citati: Campania, Italia, Napoli