La Casa Bianca celebra il suo trionfo di Ennio Caretto

La Casa Bianca celebra il suo trionfo La Casa Bianca celebra il suo trionfo Bush a Ortega: grazie. E ammonisce Castro: ora tocca a te WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Ho mandato un telegramma alla signora Violeta Chamorro, congratulandomi con lei per la vittoria; e ne ho mandato un altro al presidente Daniel Ortega, congratulandomi con lui per aver tenuto libere elezioni ed essersi impegnato a rispettarne l'esito». Una pausa: «Ho già discusso, e discuterò ancora coi leader latino-americani, le appropriate misure economiche che adotteremo a sostegno del nuovo governo in Nicaragua... Confidiamo in una rapida e pacifica transizione a Managua: non c'è motivo di ulteriori azioni militari, auspichiamo un immediato e definitivo cessate il fuoco». Così Bush, svegliato alle quattro e mezzo del mattino da una eccitata telefonata del segretario di Stato Baker, destato a sua volta da una chiamata dell'ex presidente Carter da Managua, ha commentato ieri, con disponibilità e con misura, l'inattesa sconfitta sandinista nelle elezioni nicaraguensi. Per gli Stati Uniti si è trattato di un autentico trionfo. Dopo aver vinto il loro semisecolare braccio di ferro con l'Urss, essi hanno vinto anche quello decennale con il Nicaragua e non in un lontano continente, bensì nel giardino di casa. Ma nel momento più inebriante, come ha già fatto con Gorbaciov, la superpotenza non ha infierito su Ortega, offrendogli, invece, la sua collaborazione. «Nel Nica¬ ragua democratico — ha detto Bush — c'è spazio per tutte le opinioni politiche». Dalla raffica di commenti ufficiali — il portavoce della Casa Bianca Fitzwater prima, Baker poi, infine Bush — non è emerso con chiarezza il programma americano per il nuovo Nicaragua. In parte, è un'ambiguità voluta. Gli Stati Uniti non sanno con certezza come avver- ranno le consegne tra Ortega e la signora Chamorro, né come si comporteranno i contras, anche se questi ultimi hanno proclamato il loro appoggio al futuro governo dal loro quartiere generale di Miami in Florida. Significativamente, Bush ha ammonito che «tutte le parti in guerra devono riconciliarsi e contribuire alla ricostruzione nazionale». E Baker ha aggiun- to che «la volontà del popolo nicaraguense va rispettata appieno sia sul piano civile che su quello militare». Fitzwater ha tuttavia anticipato «un importante annuncio» di Bush nei prossimi giorni, forse già oggi. Il Presidente americano dovrà decidere se rinnovare o no gli aiuti umanitari ai contras, che cesseranno domani; quando e come revocare le sanzioni commerciali imposte contro i sandinisti cinque anni fa; se rimandare subito a Managua l'ambasciatore richiamato nel 1989 per protesta contro Ortega oppure attendere. E' quasi certo che l'apertura di Bush sarà sollecita: i leader del Congresso, dal capo della Camera, il deputato democratico Foley, al senatore repubblicano Dole, lo hanno esortato ieri a stanziare massicci aiuti «per favorire un governo di riconciliazione». Ma Bush intende chiedere la partecipazione anche dell'Osa, l'organizzazione degli Stati americani. Nelle valutazioni dello straordinario voto nicaraguense, la nota polemica è stata una sola e riguarda Cuba. Bush ha fatto un riferimento indiretto a Fidel Castro, dicendo che «l'emisfero occidentale è più vicino al giorno in cui tutti i suoi Paesi saranno democratici». Fitzwater ha asserito che «Cuba è isolata politicamente... e deve capire che la sua posizione è ormai insostenibile». E il portavoce del dipartimento di Stato, la signora Tutwiler, ha chiesto che Castro «segua il vento dei cambiamenti, prepari l'ingresso della democrazia nel suo Paese e smetta di armare i ribelli comunisti nel Salvador». In una vignetta, il quotidiano «Washington Times» ha raffigurato Castro come il generale Custer, solo, senza più soldati, in procinto di essere ucciso dai pellirosse. Robert Hunter, il noto politologo del «Center of Strategie Studies», ha dichiarato che «la transizione a Managua da qui al 25 aprile potrebbe essere più difficile del previsto». Ma ha espresso il parere che il voto di domenica abbia segnato una svolta non solo verso la pace in Centro America, col rafforzamento di tutte le democrazie, ma anche verso una certa collaborazione tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. «Qualche merito — ha detto — lo ha anche Gorbaciov, anche se il merito maggiore è del coraggioso popolo nicaraguense». Ennio Caretto