Ora si sveglia il «gigante verde»

Ora si sveglia il «gigante verde» Dopo anni di ombra, l'agricoltura sta rivalutando il suo ruolo di settore primario Ora si sveglia il «gigante verde» Gioia: «Mai più trascurare il Meridione» Lobianco: «Servono leggi più moderne» TORINO. L'idea di un'agricoltura ghetto del mondo del lavoro, della produttività, della redditività si sta finalmente dissolvendo. Anche in questo settore primario stanno maturando imponenti sviluppi in campo scientifico, tecnico, economico e sociale. Probabilmente sarà sempre più problematico parlare di agricoltura in senso stretto, visti i fenomeni di sempre più rapida integrazione con l'industria e con il terziario. Per i campi, come per le fabbriche e gli uffici, emergono nuove richieste di professionalità, legate a nuove conoscenze, alla capacità di interpretare, elaborare, trasmettere messaggi e alla capacità di continuo aggiornamento delle conoscenze stesse. «La ricerca — come ha detto il professor Enrico Chiarie in un convegno sulle professioni emergenti, svoltosi giorni fa alla Fondazione Agnelli — mette in forte correlazione i nuovi fabbisogni di professionalità con i concetti di pluridisciplinarietà e con problemi di gestionalità, anche se è bene sottolineare che questi nuovi profili si affermano, per ora, solo a livello di grande azienda o di consulenze». L'agricoltura, anche in Italia, torna quindi ad essere un settore «emergente» e diventa, inoltre, serbatoio di molti, inediti, posti di lavoro. Ma per funzionare a pieni giri all'agricoltura servono binari adeguati. «E'soprattutto urgente ricreare la mobilità fondiaria necessaria per ampliare le dimensioni dell'impresa, la cosiddetta "maglia aziendale", — fa notare Giuseppe Gioia, presidente della Confagricoltura — questo è un fatto fondamentale per realizzare condizioni d'esercizio economicamente valide. Per rendere possibile questa evoluzione occorre fare una profonda revisione delle leggi che regolano la proprietà, 1 affitto e le altre forme compartecipate, fino alle società in agricoltura, per permettere alle aziendeimprese di meglio dimensionarsi». Sarebbe un po'come dire di crescere? «Volendo, ma l'allargamento della maglia aziendale non significa necessariamente puntare ad aziende di grandi dimensioni. L'obiettivo è di aumentare il numero delle imprese ben dimensionate, familiari sì, ma condotte con una mentalità e con metodi imprenditoriali. In Italia è mancata una politica al servizio dei fattori di produzione: credito, lavoro, approvvigionamento dei mezzi tecnici. L'assenza del legislatore, vecchie regole sindacali, scarsa sensibilità delle industrie fornitrici, mancanza di una efficiente rete di assistenza tecnica ed economico-gestionale hanno contribuito a determinare una incidenza negativa sui costi di produzione. E la scarsa cultura imprenditoriale ha aggravato la situazione». Come mai tutto questo è avvenuto proprio in agricoltura? «Perchè questo settore è, per sua natura, particolarmente esposto all'inefficienza del sistema pubblico. I danni che ne derivano sono aggravati dalla regionalizzazione della politica agricola e dal decentramento decisionale. In particolare l'agricoltura del Mezzogiorno soffre dei problemi di cui soffre globalmente il Sud. Occorre far decollare il "sistema Meridione" nella sua globalità». Ma l'agricoltura, per prendere velocità nella nuova dimensione che le circostanze le offrono, deve anche far tacere, con dati inoppugnabili, le voci che l'hanno spesso accusata di essere uno dei maggiori responsabili del degrado ambientale. Per riuscirci la Coldiretti ha lanciato, con la collaborazione di 48 docenti universitari, il «Programma ambiente». «Molto spesso — sostiene Aracangelo Lobianco, da dieci anni alla guida della Coldiretti — queste accuse sono state dettate più dalla demagogia che da reali situazioni allarmanti. Possiamo provarlo con i risultati delle nostre indagini, così come possiamo provare di aver cominciato ad occuparci del problema ambiente in tempi assolutamente non sospettabili di opportunismo». Il disegno di legge sui fitofarmaci è decisivo per risolvere i problemi dell'ambiente legati all'agricoltura? «L'iniziativa del governo è buona, ma deve far parte di un complesso di regole certe e di margini in cui il produttore agricolo possa inserirsi con reali capacità. La ricetta è, ad esempio, uno strumento utile, ma i suoi costi non possono pesare solo sugli imprenditori». Oltre al «problema ambiente» ci sono i nuovi rapporti che si sono venuti a determinare in agricoltura. Quali necessitano di aggiustamenti di rotta? «Uno per tutte direi che possa essere il piano agro-alimentare, i cui contenuti mancano di punti di riferimento per l'imprenditoria agricola e che inoltre soffre di una lentezza ormai quasi cronica. La soluzione dovrebbe essere imperniata sulle sinergie e sulla concentrazione; sinergie tra le varie forze economiche che operano in agricoltura, tra il tessuto produttivo e la parte industriale e commerciale, in vista della realizzazione di un «pool» di imprese a prevalente capitale nazionale in grado di stringere accordi e joint ventures con quelle estere. Un pool che potrebbe schierarsi attorno ad un aziendaguida per concentrare l'offerta alimentare». La Sme, per esempio? «E'un riferimento importante e, secondo me, per rimanerlo deve restare pubblica. Purtroppo il mondo agricolo e cooperativo non è stato ancora interpellato e coinvolto nella strategia da sviluppare in questo campo. Anche questa è una rotta da correggere». Vanni Cornerò I presidenti della Confagricoltura Gioia, e della Coldiretti, Lobianco

Persone citate: Giuseppe Gioia, Lobianco

Luoghi citati: Italia, Torino