Philips in crisi, gioco al massacro

Philips in crisi, gioco al massacro Il basket milanese rischia l'esclusione dall'Europa e dai playoff scudetto Philips in crisi, gioco al massacro Tutti sotto accusa: Cureton, i «vecchi» e Riva MILANO. E adesso sono tutti sott'accusa. Meno Franco Casalini che, tempo fa, era stato il primo a mettersi in discussione. Sotto accusa è Cureton, spesso una palla al piede; sotto accusa i «vecchi», che frenano la maturazione dei giovani; sotto accusa anche Antonello Riva, che non avrebbe «capito» Milano. E sotto accusa pure la società, che contava di ibernare la situazione di un anno fa sperando che nel frattempo in Italia e in Europa poco cambiasse. Il giorno dopo l'ennesima batosta in Coppa dei Campioni, anche se con la Jugoplastika non sono mancati segnali positivi, la Philips si mette in discussione, ma non ha tempo per fermarsi a pensare. L'analisi del tecnico meneghino è lucida: «In una settimana ci giochiamo quasi tutto. Domenica a Napoli, giovedì con l'Aris. Sì, i miglioramenti ci sono ma ormai non contano più. Ci servono i due punti. Meglio giocar male ma vincere. Voglio avere in mano qualcosa, i complimenti non ci porteranno né ai play off né a Saragozza». Anche Casalini ha buoni motivi per accusare i suoi: «A Spalato si poteva vincere, abbiamo commesso troppi errori nelle fasi decisive della partita, quando eravamo in vantaggio ci siamo fatti raggiungere e poi superare. Qualcuno si è anche dimostrato immaturo». E a chi chiede la testa dell'allenatore, metodo abusato in altre società e sport, il general manager Cappellari (che ieri ha parlato con il presidente Morbelli) manda a dire: «Questa società ha avuto 4 allenatori in 50 anni. E poi noi non pensiamo che al centro dei problemi della squadra ci sia Casalini». Tolta di mezzo una questione sempre strisciante, Cappellari non nasconde che la situazione è quasi «drammatica». «Non eravamo abituati a perdere così tante partite di fila, ma per fortuna siamo abbastanza lucidi da poter affrontare la situazione. Non neghiamo alcuni errori: Cureton, ad esempio, all'inizio sembrava l'oggetto dei nostri desideri, oggi invece è uno degli americani più inconsistenti nella storia del nostro club. E poi ci sono varie magagne che conosciamo anche se non credevamo portassero ad un tonfo così clamoroso. Non ci resta che inghiottire, cercando di andare avanti con la dignità che ci contraddistingue». E adesso tutto è perso? Addio Final four? Niente playoff? «Il cuore per lottare c'è — dice ancora Cappellari —, anche se la ragione ci suggerisce che en¬ trambe le situazioni sono difficili. In Coppa dobbiamo vincere sempre, e forse non basterà; in campionato siamo sull'orlo del burrone, più vicini ai playout che ai playoff. Ma si continua...». Il discorso resta sospeso a metà. Anche perché, nonostante Spalato, una piccola speranza giovedì sera s'è accesa. L'Aris Salonicco, su cui la Philips fa la corsa per entrare nelle «magnifiche quattro» di coppa Campioni, è stata battuta in casa dal Barcellona. E fra una settimana i greci saranno al Palatrussardi: la Philips dovrà superarli con almeno 19 punti di scarto (per prevalere nella differenza canestri), e poi continuare a vincere sperando in una loro sconfitta. Quasi un miracolo, ma Milano ci crede. Flavio Corazza

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