Adesso l'Enimont finisce in tribunale di Roberto Ippolito

Adesso l'Enimont finisce in tribunale Duro confronto per lettera tra i partner che si accusano di aver infranto i patti del polo chimico Adesso l'Enimont finisce in tribunale L'Eni pronta ad azioni legali per bloccare Gardini Montedison: «Isoci li abbiamo convocati assieme...» ROMA. L'Enimont finisce in tribunale: l'Eni è infatti pronto a ricorrere alla magistratura. I suoi legali stanno studiando in che modo farlo. Il colosso chimico, a questo punto, rischia di essere travolto dalla carta bollata. In base all'articolo 700 del codice di procedura civile, l'ente può sollecitare il pretore a pronunciarsi d'urgenza sulla richiesta di bloccare lo svolgimento dell'assemblea della società convocata per martedì prossimo, 27 febbraio. Gli avvocati sono scesi in campo dopo che si è appreso che Jean Marc Vernes, Franco Desideri e Gianni Varasi, amici storici della Montedison di Raul Gardini, hanno rastrellato più del 10% delle azioni: sommandole al 40% che ha in mano, Gardini è in grado di mettere in minoranza l'Eni (che possiede a sua volta il 40%). L'assemblea contestata è stata indetta per eleggere due consiglieri di amministrazione in rappresentanza dei soci minori: se si svolgesse, emergerebbe la nuova maggioranza. Gabriele Cagliari, presidente dell'Eni giudica però illegittima la convocazione, in quanto l'atto costitutivo della società prevede solo dieci consiglieri, già nominati e suddivisi alla pari. Ha invano chiesto di far riunire l'assemblea straordinaria, ritenendola l'unico organo che può modificare l'atto costitutivo. Sullo sfondo dei nuovi conflitti, c'è il patto di sindacato sottoscritto da Eni e Montedison che impegna i due partner a concordare qualsiasi decisione per la gestione dell'Enimont e considera «spendibili); solo le due quote paritarie del 40%. Formalmente, le vecchie intese valgono ancora, ma ormai sembrano carta straccia. Cagliari e Gardini si accusano reciprocamente di aver violato i patti. Gardini lo ha fatto con un telegramma inviato la notte scorsa con il quale contesta all'Eni di voler impedire il regolare svolgimento dell'assemblea; la Montedison giudica inaccettabili tutte le iniziative che mirano a bloccarla, visto che è stata convocata di comune intesa. Poche ore dopo, Cagliari ha preso carta e penna e ha scritto una lettera a Gardini. Fa trapelare tutta la sua insoddisfazione per il comportamento tenuto dalla Montedison, lamentando che sono stati ignorati alcuni impegni previsti dal patto di sindacato. L'accordo vincola i due partner a concordare le scelte per l'Enimont e perciò impone anche il comune gradimento sui consiglieri di amministrazione. Cagliari chiede poi a Gardini chiarimenti sulle dichiarazioni di Vernes, Desideri e Varasi dalle quali trapela la volontà di appoggiarlo apertamente. L'Eni teme che la Montedison possa avvalersi del sostegno dai suoi amici, ma formalmente non può provare il possesso indiretto di azioni. Mercoledì notte, il comitato degli azionisti dell'Enimont si è chiuso con l'invito dell'Eni alla Montedison di rispondere entro 24 ore alle proposte per risolvere la guerra chimica e alla richiesta di convocare un'assemblea straordinaria. Un comunicato dell'ente spiega che questa proposta fa perno sulle indicazioni fornite dalla Consob all'Enimont. Viene precisato che «le risposte di Montedison non sono pervenute» e perciò l'Eni «provvedere a salvaguardare adeguatamente i propri interessi». La nota dell'Eni rileva poi che la solidarietà assicurata a Gardini dai suoi amici «può ingenerare dubbi circa il prossimo costituirsi in Enimont di una maggioranza diversa da quella fissata» dal patto di sindacato che «vincola i due soci a non aumentare, né direttamente né indirettamente, le rispettive quote». La Montedison ha risposto risentita, sostenendo che si farebbe «ricorso ad argomenti non ponderati e a polemiche sterili». Viene rinfacciato all'Eni che l'assemblea è stata convocata «con il voto favorevole degli amministratori dell'Enimont designati da Eni e dopo delibera unanime del comitato azionisti (Eni e Montedison)». La Montedison ha anche scritto alla Consob invitandola a «smentire formalmente» di aver voluto «confortare la posizione dell'Eni». Per quanto riguarda Vernes, Desideri e Varasi, il comunicato di Gardini avverte che «non è consentito confondere l'acquisto» di azioni «con la fiducia dichiarata» verso la Montedison. La controreplica dell'Eni è stata più secca: si prende atto delle dichiarazioni e si conferma «di aver affidato ai propri legali le sua azioni future». In un clima così surriscaldato, sono state accantonate le ipotesi per sancire il divorzio fra l'Eni e la Montedison. Tuttavia, alcuni dirigenti del colosso chimico di estrazione Eni (come Antonio Sernia, Mario Aitali e Domenico Palmieri) esprimono riserve sull'eventuale assegnazione all'ente di tutte le attività di base e a Gardini della chimica derivata. In una lettera a Cagliari, fanno presente che l'ente rinuncerebbe ad impianti risanati dopo «le rovine in cui l'avevano ridotta iniziative maturate prevalentemente in area privata. Chiedono perciò che, se venisse sciolta l'Enimont, si adotti la soluzione «meno traumatica» e «più equa» di restituire a ciascuno gli stabilimenti conferiti. Roberto Ippolito GLI AZIONISTI DELLA HOLDING eni 40% flottante 9,8% montedison 40% co/ prudential ? (9 bache 4% /gruppo / vernes FONTE: COMUNICAZIONI SOCIETARIE GRUPPO VARASI 1,2%

Luoghi citati: Cagliari, Roma