Preso a Buenos Aires il re della droga

Preso a Buenos Aires il re della droga Preso a Buenos Aires il re della droga Da killer a erede di Gerlando Alberti: e sempre scarcerato PALERMO. Il boss passeggiava per strada, in centro, a Buenos Aires. Quattro agenti della Dea lo hanno circondato. Così è stato arrestato Gaetano «Tanino» Fidanzati, capocosca dell'Arenella a Palermo. Una paziente operazione condotta dall'ufficio antidroga americano e dalla Criminalpol italiana, in collaborazione con gli 007 dell'alto commissario antimafia Domenico Sica. Mesi di appostamenti e di controlli partiti sull'onda dell'operazione Iron Tower e proseguiti con le rivelazioni del pentito americano Joseph Cuffaro che l'altro ieri ha fatto scoprire 1'«appalto» della mafia con i narcos del cartello di Medellin. Due anni di latitanza e ieri l'arresto. Gaetano Fidanzati, 55 anni, uno dei boss «storici» della mafia, non ha opposto resistenze. Era disarmato, si è fatto ammanettare. Ora è in carcere e aspetta la richiesta di estradizione dall'Italia. La notizia della cattura di «don Tanino» è subito rimbalzata a Palermo, dove Fidanzati è punto di riferimento strategico per il traffico della droga. Una «carriera mafiosa» ventennale, quella di Fidanzati. Parte in un piccolo centro in provincia di Palermo: Bolognetta, dove «Tanino» è nato; ma si sviluppa nella «famiglia» dei Bono, all'Arenella dove è umile «picciotto» prima di cominciare la sua escalation, e successivamente fra Milano e Torino dove si trasferisce a partire dal '75 per gestire il traffico dell'eroina. La sua presenza nella capitale argentina non giunge comunque inaspettata. Nella sua storia processuale infatti c'è un particolare che può contribuire a spiegarne la presenza nel Sud America. Otto anni fa Fidanzati propose ad Angelo Epaminonda un «affare di cocaina» proveniente da Baires: occorrevano duecento milioni per acquistare una «caratura» su un affare di tre miliardi. Il primo clamoroso arresto del boss risale a venti anni fa. A Castelfranco Veneto è bloccato con Giuseppe Galeasso, Salvatore Lo Presti e Salvatore Rizzuto. E' il gruppo di fuoco che ha l'ordine della «cosca» di uccidere il boss Giuseppe Sirchia, al soggiorno obbligato. Sirchia si salvò rifugiandosi in caserma. Qualche anno dopo fu falciato davanti all'Ucciardone a Palermo, con la moglie. Il primo grande processo per Fidanzati arriva nel '74 quando viene condannato, con i più noti boss di Cosa Nostra, da Liggio a Gerlando Alberti, a Buscetta, a sedici anni. Ed è proprio questa condanna che indurrà poi «don Tanino» ad emigrare al Nord, dove sarà il delfino di Gerlando Alberti. Nel triangolo industriale Fidanzati crea una perfetta organizzazione per la distribuzione di eroina raffinata in Sicilia e di cocaina. A Torino ha come base di riferimento — secondo i pentiti Stefano Calzetta, Gennaro Totta, Rodolfo Azzali, Salvatore Coniglio, Armando Fragomeni — i fratelli Angelo e Salvatore Rinella. Fidanzati allarga il proprio intervento anche in altri settori: controlla le scommesse all'ippodromo di San Siro, quando non ne trucca le corse. E la passione per i cavalli si vede: regala purosangue ai suoi due figli in occasione dei loro compleanni. Il suo controllo si estende anche ai cambiavalute all'ombra dei casinò italiani e svizzeri. Il suo potere continua a crescere fino al novembre dell'81 quando i carabinieri irrompono nel¬ la sua villa blindata di Assago, a pochi chilometri da Milano. Nell'84 viene processato a Torino per traffico di stupefacenti e di armi. Ma esce ancora per decorrenza dei termini. Viene riarrestato in seguito alle rivelazioni di Tommaso Buscetta. Al termine del primo grande processo a Cosa Nostra il boss è condannato a ventidue anni di reclusione per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Eppure pochi mesi più tardi è di nuovo libero: ancora per decorrenza dei termini di custodia. Rimane a Palermo alcuni mesi, firmando ogni giorno il registro della sorveglianza speciale, quindi il 13 gennaio di due anni fa, ventiquattr'ore prima dell'uccisione dell'agente di polizia Natale Mondo, fa perdere le sue tracce. Mondo era uno degli investigatori che più avevano dato fastidio al boss, riuscendo fra l'altro ad infiltrarsi in una piccola cosca che spacciava a Roma e che veniva rifornita proprio da Fidanzati. E viene ucciso all'Arenella, il suo feudo. Questo cognome per la polizia vuol dire molto. Contro di lui hanno testimoniato non solo i più grandi pentiti di mafia da Buscetta a Contorno (quest'ultimo affermò che Fidanzati in carcere tentò di farlo uccidere), ma anche i fratelli camorristi Melluso, che furono inseriti nello spaccio di cocaina a Milano, e Angelo Epaminonda. Accanto a Gaetano Fidanzati vi è una rete familiare estesa e unita: intanto i fratelli Stefano, Giuseppe, Antonio e Gaetano, e poi tanti nipoti, cugini, famigliari acquisiti, tutti stretti in un identico reticolo di vincoli di interessi mafiosi. Il boss si sarebbe tradito tornando, subito dopo la fuga da Palermo, a Milano dove aveva ripreso i vecchi collegamenti. I carabinieri due mesi fa avevano trovato indizi consistenti della sua presenza informandone l'alto commissario Sica. Di qui le indagini e l'arresto a Buenos Aires. E fra le tante domande che gli si dovranno fare ci sarà anche quella sul fallito attentato a Giovanni Falcone. La villetta del magistrato è anche lei a un passo dall'Arenella. Dove Fidanzati aveva trafficato con i Grado, cugini di Contorno, il suo accusatore. Fabio Nuccio