Due pentiti nel mirino della mafia

Due pentiti nel mirino della mafia Gli obiettivi erano Salvatore Parisi e Filippo Lo Puzzo, in città per un processo Due pentiti nel mirino della mafia Catania: arsenale con armi ed esplosivi scoperto in un garage CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'arsenale della mafia era in un garage della periferia catanese. Venti pistole, sei fucili, una mitraglietta, mezzo chilo di esplosivo; e ancora: quattro giubbotti antiproiettile, migliaia di munizioni. Più tre auto blindate e alcune uniformi complete dei carabinieri e della Finanza. Tutto questo arsenale doveva servire per compiere una clamorosa azione criminale. Forse un attentato contro un boss, forse un piano per tappare la bocca a un mafioso pentito. E a questo proposito si fanno anche dei nomi: quelli di Salvatore Parisi e Filippo Lo Puzzo, entrambi in questi giorni a Catania, sotto strettissima sorveglianza, per testimoniare nel corso di un processo contro le cosche mafiose cittadine. Si tratta di due pentiti particolarmente importanti. Parisi, superkiller del «clan dei catanesi» a Torino, con le sue confessioni consentì, nel dicembre del 1984, centinaia di arresti sull'asse Sicilia Piemonte; Lo Puzzo, da parte sua, ha consentito alla magistratura di alzare il velo su numerosi episodi criminosi, a cominciare dalla strage di via Iris a Catania, in cui persero la vita sei persone e altre cinque rimasero ferite. Fino a questo momento la scoperta dell'arsenale ha portato all'arresto di due persone. Sono Paolo Canarelli, 22 anni, pregiudicato, e Massimo D'Agata, 19 anni, incensurato. I due erano di guardia dinanzi al garage situato in contrada Lineri, fra i comuni di Catania e Misterbianco. E, alla vista della polizia, hanno cercato invano di nascondersi. Apparterebbero al clan dei Di Mauro, soprannominati «Puntina», da sempre alleati dei Pillerà, i nemici storici della cosca capeggiata dal boss latitante Nitto Santapaola, accusato del delitto Dalla Chiesa. Ma altri arresti sono nell'aria, anche se la polizia non si sbilancia, se tutti, a cominciare dal questore, si limitano a dire che «le indagini continuano». E, in effetti, la sensazione dominante è che il clan proprietario dell'arsenale si stesse preparando a qualcosa di grosso. Assieme alle tre auto blindate, tutte e tre risultate rubate e con targhe false, gli agenti hanno sequestrato alcune palette in uso alle forze dell'ordine e due lampeggiatori, del tipo usato sulle auto-civetta. L'occorrente, comprese le divise, per camuffarsi da carabinieri o da finanzieri ed entrare indisturbati in azione. Ma quando? E, soprattutto, dove? Sembra che strani movimenti siano stati notati nei giorni scorsi nell'albergo in cui, sotto strettissima sorveglianza, ha alloggiato durante la sua permanenza a Ca¬ tania il pentito Lo Puzzo. Si parla di quattro pregiudicati calabresi e di un catanese che avrebbe preso due stanze nel piano sottostante a quello in cui abitava il pentito. Ma non è questa la sola pista seguita dagli investigatori. Negli ultimi mesi la malavita catanese è stata scossa da una guerra senza esclusioni di colpi. Vecchie alleanze si sono sgretolate; persino all'interno del clan Santapaola, considerato fino a ieri il più imito, si cono create grosse lacerazioni fra la maggioranza della cosca e gli aderenti alla famiglia dei «Cavadduzzu» il cui capo, Giuseppe Ferrera, sfuggì tempo fa a un attentato. Non è dunque azzardato ipotizzare che l'armamentario recuperato l'altro ieri dovesse servire per compiere ima strage o un attentato contro un boss. Nino Amante

Luoghi citati: Catania, Misterbianco, Piemonte, Sicilia, Torino