Ritorna Carlsson e apre le porte all'immigrazione di Enrico Benedetto
Ritorna Carlsson e apre le porte all'immigrazione Svezia, con i voti dei comunisti Ritorna Carlsson e apre le porte all'immigrazione Resta il medico, cambia la medicina. Il premier svedese Ingvar Carlsson, dimessosi il 15 febbraio dopo la bocciatura in Parlamento del suo piano anticrisi, ha accettato un reincarico modificando però radicalmente le misure anti-inflazione. Il «sacrificio» era indispensabile per catturare voti al Riksdag, ove domani il primo ministro socialdemocratico dovrebbe avere garantito l'appoggio del pc e l'astensione dei centristi, l'ex partito agrario. Sarà, comunque,'un nuovo governo di minoranza, facilmente impallinabile dall'opposizione conservatrice quanto da Verdi e Rossi. Certo non l'ideale per gestire quella che lo stesso Carlsson ha definito «forse la più grave congiuntura negli ultimi decenni». Sull'altare del gradimento comunista Carlsson ha sacrificato il blocco dei salari nel biennio '90-'91.1 prezzi invece rimarranno congelati: non è dato sapere come, visto che i nuovi contratti rilanceranno la spirale inflazionista (il tasso si aggira attualmente sul 9%). Liberi gli scioperi, dopo le tante critiche a un loro eventuale divieto, e nessun vincolo per i redditi azionari, di cui si ventilava la sospensione. In altre parole, del pacchetto originario resta solo l'involucro, e forse neanche quello. Ha pagato, per tutti, il responsabile delle Finanze Kjell-Olof Feldt, cui ne veniva attribuita la paternità: non figura tra i nuovi ministri, e il suo abbandono della politica — ribadiva ieri — è irrevocabile. Svanita anche ogni drammatizzazione. La psicosi della crisi aveva già provocato guai in Borsa, qualche giorno fa: adesso il premier sposa una linea morbida, rassicurante. Austerity, insomma, non emergenza. Tra le innovazioni, spicca quella Gastarbeiter. Palme e Carlsson avevano gradatamente rifiutato la manodopera straniera — molto numerosa fino al Settanta — privilegiando gli asili politici sui visti di lavoro. Risultato: 30-40 mila Asylanten ogni anno difficilmente impiegabili nell'industria. «Non vogliamo importare cittadini di Serie B» era lo slogan. Ora il veto cade. L'immigrazione sarà riaperta, in particolare dall'area baltica: Riga, Vilnius e Tallinn potrebbero divenire indipendenti o quasi entro l'anno, un'occasione ghiotta per assicurarsi a buon mercato tecnici, lavoratori specializzati, ingegneri. Nello stesso tempo la Svezia troverà legittimazione alle sue velleità regionali di leadership, anticamera per quella Cee artica che potrebbe unire le rive del Mare Nostrum scandinavo. La nuova ondata migratoria farà da calmiere a un mercato del lavoro carissimo (viste le 31 ore settimanali) quanto demotivato. Sorridono gli industriali — costretti sinora a esportare fabbriche — ma è una dura sconfitta per i socialdemocratici e il sindacato Lo. Altra batosta, lo slittamento dell'età pensionabile, che da 65 salirebbe a 67 anni. Le sei settimane di ferie scenderanno inoltre a quattro. E' la prima volta che il governo attinge risorse dal Welfare State anziché dalle tasse, una scelta molto dolorosa. Per Carlsson suona l'ora della verità. Nel lontano febbraio '86, il Paese lo acclamò premier in memoria di Olof Palme, esigendo un'impossibile continuità. Ora, per sopravvivere, deve cambiare. Ed è solo. Enrico Benedetto
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