Palermo-Medellin, il patto della coca di Francesco La Licata

Palermo-Medellin, il patto della coca L'alleanza svelata da un pentito, le cosche avrebbero smerciato la droga anche in Usa Palermo-Medellin, il patto della coca Fra mafia e narcotrafficanti PALERMO DAL NOSTRO INVIATO La mafia siciliana grande alleata dei «signori di Medellin». Una nuova strategia internazionale, sulla rotta della cocaina, per permettere ai boss di Cosa nostra di entrare nel grosso mercato della «bianca» e ai narcotraficantes colombiani di sottrarsi, almeno momentaneamente, alle pressioni dell'amministrazione Bush e alla martellante campagna della Dea e del Fbi. L'affare, non sfugge a nessuno, si presentava vantaggioso per entrambi i contraenti ed infatti andò in porto con un «contratto» firmato nel dicembre del 1988 ad Aruba, un'isola dei Caraibi. I siciliani, che parlavano anche per conto dei cugini di Miami, i boss della costa della Florida, mettevano a' disposizione la struttura organizzativa, la «serietà» dell'impresa, la tradizione nel ramo degli stupefacenti, la puntualità dei pagamenti. Quelli del «cartello di Medellin» assicuravano la materia prima: coca di ottima qualità, a tonnellate. E così fu apposta la firma, a suggellare la nuova alleanza. Da un lato Waldino Aponte Romero, detto Waldo o El Guardino, e Angel Sanchez, conosciuto anche come Antonio Correa Montoya. Dall'altro John Galatolo, rappresentante della famiglia siciliana di Acquasanta, alleato dei potentissimi Madonia di Palermo e garante presso Cosa no- stra americana che nell'affare aveva gettato tre uomini di spicco: Rosario Naimo, Paolo Lo Duca e Domenico Mannino, inteso Dominic. E facevano sul serio i siciliani. Come primo carico ordinarono 600 chili di «bianca», prezzo 12 milioni di dollari. Lo sbarco avvenne sulle coste della Sicilia, nel Trapanese. La droga finì al clan dei Madonia. Tutto registrato, tutto scritto, documentato. Anche fotografato. Chi lo dice? I detectives del nucleo centrale anticrimine di Roma, gli agenti americani, i magistrati che hanno ascoltato il racconto dalla viva voce di Joe Cuffaro, ultimo pentito finito fra le braccia delle autorità statunitensi, dopo un passato di corriere di medio calibro. Si deve a lui l'operazione che ha consentito di individuare 14 membri del nuovo sodalizio: alcuni, però, sfuggiti alla cattura. Joe ha raccontato tutto. Una storia che dimostra «l'estrema pericolosità della mafia siciliana, capace di mutare pelle e di aprire nuove frontiere e nuovi mercati con un'efficienza imprenditoriale impressionante». Per dirla con le parole del vicequestore Alessandro Pansa. Risalgono alle intercettazioni telefoniche al «Caffè Giardino» di New York, ai tempi delle indagini sull'operazione Iron Tower, i primi sospetti su alcuni esponenti di cosa nostra. Chi si muove di più è John Galatolo: ha avuto l'incarico dai «paisà» di Palermo di mettersi in contatto con i colombiani. Una delle famiglie dei Vincenti, quella di Francesco e Nino Madonia è interessata alla cocaina. Nell'87 John viene a Palermo, convocato da don Francesco. I siciliani gli chiedono di trattare con quelli di Medellin per ottenere una sorta di esclusiva sulla cocaina. Il patto prevede l'esclusione della piazza tradizionale, la Spagna, e dei corrieri colombiani. «Pensiamo a tutto noi», dicono i boss. I colombiani chiedono tempo per riflettere ma, alla fine, cedono di fronte alla ferrea logica di Cosa nostra che, in un sol colpo, prospetta il modo per alleggerire il mercato del Nord America e, nello stesso tempo, inaugurare il grande business dell'Europa ed in particolare delle piazze di Roma e Milano. Ma non solo: a riportare la coca negli States non sarebbero stati più i colombiani, super controllati, ma i siciliani. Galatolo media e vince la partita con Sanchez e Aponte. L'alleanza è fatta, si parte con 600 chili. Spediti sulla nave «Big John» ed affidati al comandante Alien Leon Knox, soprannominato «El Brito», un avventuriero cileno. Per curare lo sbarco viene mandato a Palermo Joe Cuffaro, non ancora pentito, che tiene i contatti con Madonia e coi Galatolo. Poi si incontrano tutti a Villa Igiea, hotel di lusso sulla costa palermitana e Cuffaro consegna un milione di dollari. La tappa successiva prevede incontri a Roma, prima all'Hotel de la Ville, poi all'Excelsior. Nino Madonia si dichiara soddisfatto di come vanno gli affari, appunta tutto nel suo libro mastro. I nuovi alleati mettono a punto una strategia che prevede l'incremento delle spedizioni, sino ad ipotizzare carichi da 2 mila chili per volta. Una ragnatela che adesso è stata strappata dal pentimento di Cuffaro e, di conseguenza, dalla cattura dei boss. Compreso quel Nino Madonia che nel suo covo teneva il registro della merce arrivata, delle somme da pagare e da riscuotere. Francesco La Licata Fra gli arrestati Nino Madonia Era il contabile dell'organizzazione