Il sequestro che ha sconvolto una dynasty di Pierangelo Sapegno

Il sequestro che ha sconvolto una dynasty A Reggio Emilia in carcere Silvana e il fratello, sarebbero complici della banda che rapì la donna Il sequestro che ha sconvolto una dynasty / misteri dei Dall'Orto CASALORANDE DAL NOSTRO INVIATO Al bar trattoria Poli stanno schierati dietro i tavoli, davanti alla tivù per il telegiornale. Immagini di repertorio, Silvana Dall'Orto sorride accanto al cancello, fa ciao con la mano sotto l'albero, suo marito si infila le mani in tasca. Urla da stadio fra i giovani del bar: «Ale, oh-oh, ale oh-oh». Schiamazzi, fischi, applausi, grandi risate. Non c'è vergogna, non c'è pudore, nella saletta affollata del bar. Che contrasto con la villa antica, un po' fuori paese, affondata nel silenzio della campagna, avvolta da una foschia leggèra. Proprio qui, nel sole tiepido di maggio, era finito il rapimento di Silvana Dall'Orto: 195 giorni di prigionia, quasi 4 miliardi di riscatto. Lei sorrideva ai fotografi e alle telecamere, con il vestito trasparente di pizzo, i capelli cotonati, il trucco nuovo. Giuseppe, il marito, si lisciava i baffi e tirava la pancia in dentro, camminando sulla ghiaia, accanto al giardino, fra gli alberelli di frutta, guardando il sole: «E' il giorno più bello della mia vita». Eppure, la strana e incredibile storia del sequestro Dall'Orto non era ancora finita. Cominciò allora la saga di una famiglia ricca e importante, numerosa e felice, di una famiglia di padro¬ ni della Bassa. Lui, Giuseppe Zannoni, è uno di quei contadini intraprendenti che hanno venduto la terra per metter su un capannone e far soldi con la ceramica. I miliardi li aveva fatti, sgobbando e scalpitando, e poi aveva vénduto la fabbrica. Una coincidenza, ma le sue sfortune cominciarono allora. Suo fratello Oscar, invece, non ha mai smesso ed è diventato uno dei più importanti imprenditori della zona: nel luglio '89 ha annunciato addirittura di aver'assunto il controllo della CisaCerdisa, rilevando il 54 per cento della Fincisa, la finanziaria che possiede la maggioranza del gruppo. Fino a quel momento era un industriale forte, ma poco conosciuto. Ora è a capo di un piccolo impero, un complesso di tredici stabilimenti, alcuni nel Reggiano, altri nel Modenese, con duemila dipendenti e un fatturato di oltre trecento miliardi di lire. E' lui l'uomo forte della famiglia. Nel sequestro avevano cercato di coinvolgerlo, ma Oscar era andato avanti per la sua strada come se non lo avessero nemmeno sfiorato. Quando suo fratello lo ringraziò pubblicamente per aver pagato metà del riscatto, lui lo lasciò dire e poi informò il giudice: «Non è vero, non ho sborsato neppure una lira». Non si fece notare, quella mattina del due maggio, a festeggiare la Silvana, che si agitava nella casa piena di fiori, che andava e veniva di qua e di là, abbracciava le figlie e punzecchiava il marito. La signora era stata rapita 195 giorni prima, mentre era sola nella sua villa. Si affrettò subito a dire di essere stata trattata bene. Aveva trascorso quasi tutti i sei mesi dentro una tenda montata all'interno di un appartamento, raccontò appena tornata a casa. I banditi le avevano regalato occhiali firmati Dior, le avevano lasciato i gioielli che indossava al momento del sequestro e che valevano decine di milioni, le avevano consentito di usare servizi igienici per truccarsi. Con i carcerieri, s'era instaurato un buon rapporto: qualche volta mangiava caviale, e passava persino il tempo a suggerire le risposte a quelli che, oltre il telo, ingannavano le lunghe ore con le parole crociate. Il più «buono» dei banditi aveva occhi chiari, era alto e magro: di più non si potè sapere, perché «portavano un cappuccio in testa». Gli inquirenti cominciarono a sospettare, parlarono di sindrome di Stoccolma, quella malattia psicologica per cui le vittime dei rapimenti tra paure e speranze parteggiano con i loro aguzzini. Il giorno del rilascio, quel due maggio, Silvana Dall'Orto, forse ancora provata, sotto choc, si lasciò scappare alcuni commenti velenosi sul marito, che fecero gran scalpore. Giorni dopo, fece retromarcia, ma ormai la polemica era divenuta pubblica. E si aggiungeva ad altre polemiche. Quelle all'interno della grande famiglia, segnata da quel sequestro, dai pettegolezzi velenosi, dalle pubbliche accuse; quelle di Giuseppe Zannoni con la magistratura, e soprattutto con il procuratore capo Elio Bevilacqua che sbottò una volta: «Com'è difficile avere a che fare con gli imbecilli...». E mentre si confondevano come in un mosaico perverso i bisticci, le offese e le indagini, i banditi intanto continuavano a chiedere e esigere altri soldi. Dopo lunghe trattative, le minacce, e alla fine l'attentato: venerdì scorso, in via Ferrari numero 5, alla villa di Oscar Zannoni è arrivato il pacco con l'esplosivo. Due pile da nove volt alimentavano un congegno ^elettrico che, all'apertura dell'involucro, avrebbe inviato la corrente al detonatore pronto a innescare i dieci candelotti. Un chilo di dinamite, una potenza spropositata. Se gli inquirenti non fossero stati pronti a intervenire, avrebbero rischiato di morire l'industriale, sua moglie Loredana Panzani, i loro figlioletti di cinque o sei anni. Ma perché uccidere proprio quelli che avrebbero dovuto pagare? I magistrati ammettono di non avere ancora una risposta: «Non riusciamo a capirlo, non lo sappiamo». E certo, non è l'unica risposta che manca in questo giallo dai risvolti clamorosi, in questa strana saga familiare. Ieri pomeriggio Elio Bevilacqua ha interrogato inutilmente Giuseppe Zannoni. Lui crede che sua moglie sia innocente e si rifiuta di rispondere alle domande del magistrato. Nella notte aveva sentito Silvana Dall'Orto. Oggi, nuovo incontro nel vecchio carcere di San Tommaso. Lontano, nella campagna di Casalgrande, comincia una nuova attesa. Forse è in arrivo un nuovo mandato di cattura, le sorprese non sono finite. Bevilacqua sorride ai cronisti: «Io posso solo dire che Giuseppe Zannoni è completamente estraneo alla vicenda». Ma Zannoni ha pure una «sua» certezza: «E' innocente anche Silvana». Pierangelo Sapegno Silvana Dall'Orto e il marito nel giorno del rilascio Già allora cominciò il mistero

Luoghi citati: Bevilacqua, Casalgrande, Reggio Emilia, Stoccolma