La famiglia

La famiglia La famiglia «Claudio è stato assassinato Era felice e senza problemi» SAVONA. «Non vi sono dubbi. Mio fratello non si è suicidato, non era il tipo. E' stato ucciso. Da chi e perché resterà un mistero. Le autorità libiche vogliono coprire qualcuno, i suoi compagni di lavoro sono terrorizzati c non vogliono raccontarci nulla». Chi parla è Bruno Buscaglia, fratello del cuoco trovato morto, in circostanze misteriose, su un'auto nel deserto alla periferia di Bengasi. La storia di Claudio Buscaglia è comune a quella di decine di altri tecnici e operai della Val Bormida che, per penuria di posti di lavoro, non esitano ad accettare contratti all'estero, spesso in zone difficili. Il cuoco di Plodio aveva lavorato per molti anni a bordo di navi mercantili per una ditta di Venezia, poi dopo un breve periodo in Italia da alcuni anni aveva iniziato la difficile vita del «trasfertista». Prima era stato nello Yemen, poi in Thailandia, dal luglio scorso in Libia. A Bengasi lavorava per la «Columbus food service» di Genova. A Carcare, dove vivono tutti i parenti (l'anziana madre a Plodio), nessuno crede al sui¬ cidio. Il fratello Bruno non si rassegna, vuole conoscere la verità a tutti i costi. Dice: ((Attendo che la salma di Claudio rientri in Italia, poi contatterò tutti gli italiani che hanno lavorato nel campo di Bengasi, qualcuno conoscerà la verità. Al telefono nessuno vuole parlare, hanno tutti paura della polizia libica. Claudio mi raccontava di come era difficile vivere in un regime di polizia, continuamente controllati». L'uomo ha rivolto anche un appello al sottosegretario all'Interno Gian Carlo Ruffino, savonese, affinché lo aiuti a scoprire la verità. Il sottosegretario ha preso contatto con il ministero degli Esteri. Oggi informerà la famiglia della vittima. I responsabili della «Columbus food service» di Genova, la ditta per la quale Claudio Buscaglia lavorava, preferiscono non parlare. Dice uno degli amministratori, l'architetto Luca Palumbo: ((Attendiamo l'esito dell'autopsia disposta dalle autorità libiche. Solo allora sapremo veramente che cosa è aceduto a Bengasi. Per ora abbiamo solo scarne notizie se- condo cui Buscaglia si sarebbe suicidato». Per Palumbo il cuoco era un dipendente eccellente. Dice: «Lavorava da noi dal luglio scorso, non mi risulta che avesse particolari problemi o soffrisse di crisi depressive». Un suicidio quindi che non convince. Un amico del cuoco, Achille Salvadori, di Carcare, ricorda: ((Aveva telefonato all'inizio della scorsa settimana, progettava il rientro in Italia e le prossime vacanze, niente faceva presagire un suicidio». Salvadori racconta di molti giovani che lasciano la Val Bormida per lavorare all'estero, tecnici capaci e competenti. Dice: «Questa sarebbe stata la sua ul¬ tima trasferta in Africa, poi avrebbe cercato un lavoro all'Est. Ripeteva spesso: "I programmi dei nuovi governanti nell'Est europeo sembrano offrire nuove e concrete prospettive di lavoro per gente come me. Il sogno africano sembra definitivamente al tramonto. La nuova frontiera è la Russia e i Paesi confinanti: anche qui le condizioni climatiche non sono favorevoli, ma l'assetto sociale pare in grado di non presentare i rischi che caratterizzano il lavoro in Libia o in Arabia Saudita. Laggiù non ci voglio tornare"». Gian Paolo Carlini

Persone citate: Achille Salvadori, Bruno Buscaglia, Buscaglia, Claudio Buscaglia, Gian Carlo Ruffino, Gian Paolo Carlini, Luca Palumbo, Palumbo, Salvadori