La Svizzera processa i suoi scheletri di Vincenzo Tessandori

La Svizzera processa i suoi scheletri In aula la Kopp, ex ministro della Giustizia: maneggi, droga, denaro sporco La Svizzera processa i suoi scheletri 77 rapporto sul caso è un best-seller Schedario segreto con 900 mila dossier LOSANNA DAL NOSTRO INVIATO Frau Elisabeth Kopp non ha perso né la calma né le vecchie abitudini. Sorride, quando arriva al tribunale federale dove viene giudicata per violazione di segreti d'ufficio ed è puntualissima. Indossa un tailleur con giacca a quadri rossoblu, che un po' stride con la severità dell'aula. «Ho 54 anni», dice all'attempato presidente Albert Allemann, socialista. E pare consapevole di dimostrare molto meno. Sembra un processo banale ma è la spia del malessere che attanaglia la Confederazione. Frau Kopp non è una donna qualsiasi, è stata la prima ad essere eletta al Consiglio federale, è diventata ministro del dipartimento di Giustizia e Polizia e poi vicepresidente della Confederazione. Cosicché anche se milita nel partito radicale di Zurigo, definito di destra, era diventata un po' il simbolo dell'emancipazione femminile e raccoglie tutt'ora simpatie diffuse. Ma sulla sua carriera politica ormai nessuno scommette un centesimo. Con due collaboratrici è accusata di una scorrettezza grave: informata, quando era ministro, dell'inchiesta che coinvolgeva una società finanziaria, la Schakarchi, avvertì il marito, come dicono ora gli avversari politici «soffiò» l'informazione. E così Hans Kopp, che di quella assai chiacchierata società era vicepresidente, dette le dimissioni. Frau Elisabeth non trova niente di riprovevole in quella sua telefonata avvenuta nel dicembre 1988: «Non ho commesso nulla di grave», ha ripetuto più volte e anche ieri, appena scesa dalla Mercedes familiare azzurra, a chi le chiedeva dell'accusa per la quale rischia un'ammenda di 40 mila franchi, circa 35 milioni, più tre anni di galera, ha risposto: «Mah! Mi pare insignificante». Che un ministro sia stato trascinato in tribunale ha provocato uno choc collettivo: certe cose le sapevano in molti, ma nessuno ne aveva mai parlato. Il rapporto della commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Kopp è diventato un bestseller: 30 mila copie in tedesco bruciate in pochi giorni in libreria e infinite richieste di ristampa. E ora escono anche le traduzioni in francese e italiano. Si parla di droga, riciclaggio di denaro e di un potere che sempre più sembra corrotto. Oggetto dell'inchiesta è diventato il ministero pubblico: si è rivelato una miniera di sorprese. Sarebbero dovuti partire da lì gli ordini per la lotta al traffico degli stupefacenti ma sul rapporto si legge: «Da tempo si sospetta che i prodotti del traffico della droga vengano trasferiti dalla Turchia in Svizzera attraverso la Bulgaria. E' incomprensibile che non si siano qui prese tempestivamente le misure necessarie per impedire gli abusi». La via del narcotraffico da Istanbul a Zurigo era battuta come un'autostrada e molte società erano, e forse sono tuttora, impegnate a fondo per «lavare» i dollari ottenuti col commercio. Fu scoperto un Tir cari¬ co di cocaina, circa tre anni fa, da quello si risalì alle società finanziarie, l'inchiesta investì la Shakarchi ed altri. E fino a quel momento il ministero pubblico non aveva brillato per iniziative. Ma perché si preferiva non vedere? Quando i commissari hanno aperto gli armadi hanno scoperto che il ministero pub- blico pareva diventato una sorta di Lubianka. Lo sport nazionale, insomma, era spiare il prossimo: 900 mila dossier, su 6 milioni di abitanti, sono una cifra che fa davvero riflettere. Non è emerso soltanto lo schedario centrale, ce n'è anche un altro, con circa 5 mila nomi, messo insieme dal dipartimento dell'esercito; un altro ancora, compilato dalla polizia federale che riguarda gli abitanti del Giura e poi uno sulle famiglie dei bambini fatti arrivare dall'Est, per l'adozione, dalla Croce Rossa. Di tutto questo frau Kopp doveva essere al corrente, considerato che era la responsabile del dipartimento. Ma queste sono questioni politiche, lei è interrogata su quella sua telefonata. E si limita a negare il dolo. La linea di difesa è precisa, da una parte l'ex ministro, dall'altra, ma solo apparentemente, le sue antiche collaboratrici. Renate Schvob, collaboratrice giudiziaria del dipartimento, e Katharina Schoop, primo segretario del ministro. Renate Schvob è diventata frattanto consulente del credito svizzero, l'ex segretaria ha ricevuto lo scorso anno mezzo stipendio e lavora all'università: neppure a lei l'inchiesta ha provocato grossi guai perché ha guadagnato 90 mila franchi. E anche frau Elisabeth ha ricevuto a lungo lo stipendio pieno. Vincenzo Tessandori Un'immagine del 1988 dell'ex ministro svizzero della Giustizia e della polizia Elisabeth Kopp

Luoghi citati: Bulgaria, Istanbul, Svizzera, Turchia, Zurigo