Il pc lituano sposa il separatismo

Il pc lituano sposa il separatismo Cremlino assediato dalla crisi etnica: nulla per l'Armenia l'annessione del Karabakh Il pc lituano sposa il separatismo «Entro Vanno avremo uno Stato indipendente» MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Prima della fine dell'anno la Lituania tornerà ad essere uno Stato indipendente». La profezia separatista non è di uno dei leader dei movimenti del nazionalismo baltico, ma di un membro della direzione del partito comunista lituano, Romualdas Ozalas. E dimostra che ormai a Vilnius tutti sono convinti che la sfida a Mosca è entrata nella fase finale e che i tentativi di mediazione di Michail Gorbaciov sono destinati a fallire. Anzi, Ozalas già prefigura le prossime tappe della marcia verso la secessione. La prima ci sarà sabato prossimo, quando i lituani voteranno per eleggere il nuovo Parlamento locale. La seconda è attesa in luglio, nel settantesimo anniversario del trattato con il quale Lenin riconobbe l'indipendenza alla Lituania. Sono due tappe strettamente collegate. Quasi complementari. Il nuovo Soviet della Repubblica, che sarà eletto a fine settimana, dovrebbe confermare la travolgente avanzata dei nazionalisti. Non soltanto del fronte popolare «Sajudis», ma anche dell'ala indipendentista del pc locale che è l'unico tra i partiti comunisti delle 15 Repubbliche dell'Urss ad avere già tagliato i ponti con il suo grande fratello di Mosca, il pcus. Da questa rottura politica è nata una fazione minoritaria del pc lituano che è rimasta fedele al centro e che — teoricamente — rappresenta un quarto dei militanti comunisti. Il voto di sabato stabilirà i veri rapporti di forza. E tutti prevedono che porterà al Soviet una larghissima maggioranza indipendentista. E' da questo nuovo Parlamento locale, appena legittimato dal voto popolare, che Ro¬ mualdas Ozalas si attende il passo decivo della secessione dall'Urss. Una vera e propria dichiarazione d'indipendenza che potrebbe essere proclamata dal Soviet lituano nel settantesimo anniversario dei trattati del 1920. E il segretario del partito comunista lituano, Brazauskas, si è associato ieri alla richiesta avanzata già il 7 febbraio da un gruppo di deputati per l'avvio di trattative con Mosca sull'indipendenza della Repubblica. E un altro dirigente comunista — Alghimantas Cekuolis — si domanda già che cosa potrà fare Mosca: «Il Cremlino manderà i carri armati contro la decisione di un Parlamento eletto democraticamente?» E' un'ipotesi che a Vilnius nessuno vuole prendere in esame. La via d'uscita — anche per i nazionalisti più accesi — deve essere politica, così come finora è stata tutta la «rivolta» del Baltico a differenza del¬ le altre rivolte: quelle nel Caucaso o nell'Asia sovietica. A questo secondo e più tormentato fronte del nazionalismo ha dedicato ieri una seduta a porte chiuse il Soviet Supremo. A quanto è filtrato dal Cremlino, i deputati azeri e armeni si sono scambiati accuse di fuoco in un dibattito «estremamente teso». E c'è tensione anche sul terreno. A Erevan, la capitale dell'Armenia, più di ventimila persone hanno chiesto un «referendum d'autodeterminazione» durante un corteo organizzato per ricordare l'anniversario della ribellione nazionalista del 1921 contro il potere sovietico. Un altro strappo con Mosca l'ha compiuto il Parlamento locale, che ha votato la «nullità» della spartizione territoriale che assegnò, sempre nel 1921, la regione del Nagorny Karabakh — abitata da una popolazione di orgine armena —, alla Repubblica sovietica musulmana dell'Azerbaigian. Non solo: nella stessa riunione quattro deputati nazionalisti sono stati eletti nella presidenza dell'Assemblea. Di fronte a tutte queste nuove manifestazioni, la reazione di Mosca è di grande allarme. A Michail Gorbaciov, che ha chiesto il rispetto di «legge e ordine» per poter continuare il cammino della perestrojka senza «passi nel buio», ha fatto eco la «Pravda» che si è lanciata in una campagna martellante sullo stesso tema. «Si ha l'impressione che non ci sia più un capo nel Paese», «bisogna reagire con autorità», «il caos serve soltanto a chi vuole pescare nel torbido»: questi alcuni dei giudizi pubblicati. Che, forse, preparano il terreno a qualche decisione del Cremlino. Enrico Singer «Gorbaciov salvi il Tagikistan» Un dimostrante tagiko manifesta a Dushanbè il suo sostegno a Gorbaciov. Nella capitale del Tagikistan la vita sta gradualmente tornando alla normalità dopo le ondate di violenze etniche dei giorni scorsi. L'altro ieri, nel corso di una manifestazione non autorizzata, più di 15 mila persone avevano chiesto le dimissioni della dirigenza locale e l'abolizione dello stato di emergenza

Persone citate: Alghimantas Cekuolis, Brazauskas, Enrico Singer, Gorbaciov, Lenin, Michail Gorbaciov